Fino a qualche anno fa si sono fatte supposizioni troppo lineari sugli schemi migratori, con diffusioni a ondate successive, quando invece il quadro emerso negli ultimissimi anni ci dice piuttosto che per tutto il tempo ci siamo spostati in ogni direzione, mescolando i nostri geni in una serie di ingarbugliati intrecci, molto diversi da un movimento netto, progressivo e definito.
Se gli oceani hanno costituito una barriera difficilmente valicabile gli immensi spazi aperti che collegavano l’Africa al Medio Oriente e da qui ad ovest verso l’Europa ed a Est, attraverso l’Asia fino alle Americhe hanno permesso piccoli flussi migratori costanti ed imprevedibili.
Il Dna ci aiuta a ricostruire la storia di queste migrazioni e collocarla correttamente anche con tutte le sue, a volte impensabili, varianti, di più ci permette anche di gettare un’occhiata sul comportamento e lo stile di vita, anche alimentare dei nostri progenitori.
E’ il caso, ad esempio, del latte. Siamo gli unici mammiferi che bevono latte oltre lo svezzamento dei loro piccoli. Ma le stranezze non finiscono qui. In Occidente ed in alcune piccole comunità africane e del Medio Oriente continuiamo a bere latte a tutte le età.
Oggi la maggior parte degli umani adulti – e, nella storia, quasi l’intera umanità – il latte non riesce nemmeno a digerirlo. Tutti noi possediamo un enzima chiamato lattasi, codificato da un gene noto come LCT, il cui unico compito è quello di digerire il latte. Per gran parte della nostra storia la lattasi è rimasta attiva soltanto nei neonati. Terminato lo svezzamento la lattasi subisce un drastico ridimensionamento che causa quella che definiamo intolleranza al lattosio con il conseguente abbandono nella dieta di questo peculiare alimento.
L’assenza della lattasi, o una sua ridotta produzione, implica la mancata digestione del lattosio al livello dell’intestino tenue; il lattosio, perciò, arriva nel colon, dove incontra batteri che lo demoliscono e lo fanno fermentare, ed ecco che si forma il gas. Questo è la causa diretta del gonfiore e della flatulenza, ma l’aumento della pressione scatena anche la diarrea, e via dicendo.
Questo è il motivo per cui la maggioranza della popolazione mondiale non beve latte in età adulta. A meno di non essere europei. In questo caso l’attività della lattasi continua per tutta la vita (ad eccezione degli intolleranti che però rappresentano una percentuale minima della popolazione europea).
Questa caratteristica degli europei dipende da una mutazione del DNA nel gene della lattasi e intorno a esso. Può risultare strana una mutazione che non porta alcun vantaggio nella salute e quindi nella sopravvivenza dell’individuo, è difficile comprendere quale vantaggio evoluzionistico potrebbe esserci nella persistenza della lattasi in assenza di una regolare disponibilità di latte fresco.
L’ipotesi più probabile di questa mutazione che ha dotato gli europei della capacità di digerire il latte anche da adulti e che nel vecchio continente esistessero numerose comunità che praticavano attività di produzione di latte e latticini con bestie da latte addomesticate. Il vantaggio proveniente dall’avere sia disponibilità di latte, sia la capacità di digerirlo potrebbe essere stato il fattore scatenante di questa mutazione che ci differenzia da quasi tutto il resto della popolazione mondiale.
6000 anni fa il latte faceva ormai parte della vita neolitica. Alcuni frammenti di vasellame recuperati durante alcuni scavi in Romania, Turchia e Ungheria hanno evidenziato la presenza di resti di latte probabilmente conservato in questi manufatti. Insomma l’evoluzione si è piegata alla disponibilità di un alimento in una determinata regione anche a scapito della piena salute dei nostri progenitori, fin tanto che la mutazione li ha messi in condizione di nutrirsi di latte e derivati anche da adulti.