Storia ed alimentazione rivestono un ruolo fondamentale per comprendere appieno un’epoca, anche vasta e disomogenea come quella che definiamo Medioevo. In un post precedente (I ricettari del Medioevo) abbiamo affrontato sia pure sommariamente i tentativi di codifica della cucina del Basso Medioevo, attraverso la formulazione dei primi ricettari.
Il più grande cuoco del Medioevo
In questo articolo ci intratterremo sulla figura del più importante cuoco di questo periodo che svolgerà una radicale opera di modernizzazione e innovazione della cucina tardo medievale. Il suo nome è Martino de’ Rossi o Martino de Rubeis, detto Maestro Martino (Torre, verso il 1430 – Milano o Roma, fine del XV secolo).
La sua opera “Libro de arte coquinaria” (compilato in lingua volgare) rappresenta un salto di qualità di portata epocale rispetto alla tradizione culinaria riportata nella precedente manualistica. Ticinese di nascita, Martino lavorò lungo tutta la penisola, a Milano alla corte di Francesco Sforza (presumibilmente fra il 1461 e il 1462), poi a Roma, dapprima al servizio del patriarca di Aquileia Ludovico Trevisan (morto nel 1465), poi direttamente alla corte pontificia dove svolge la delicata funzione di «cuoco secreto», cioè personale, di almeno due papi, Paolo II e Sisto IV.
Il sodalizio con Bartolomeo Sacchi
Queste esperienze fecero maturare in lui un modello di cucina interregionale che si imporrà anche in gran parte dell’Europa del tempo. Significativo fu il suo sodalizio con l’umanista Bartolomeo Sacchi, detto il Platina che probabilmente contribuì fattivamente alla realizzazione del suo ricettario ed alla sua “esportazione” europea.
Dopo il 1484 si trasferisce nuovamente a Milano, al servizio di Gian Giacomo Trivulzio, al soldo del Re di Napoli dove concluderà la sua carriera. Si ipotizza che prima di quest’ultima fase della sua professione Maestro Martino abbia lavorato proprio in quel di Napoli in un’ambiente legato alle tradizioni alimentari catalane. Un indizio in tal senso sarebbe costituito da un ricettario anonimo, scritto in quegli anni a Napoli e tradizionalmente chiamato dagli studiosi “Cuoco napoletano“, molto simile al ricettario di Martino.
Una fama europea
Il Libro di Martino fu redatto a Roma, probabilmente tra il 1464 e il 1465 e successivamente più volte aggiornato. Se dopo la sua morte, la sua fama da vivente altissima, si consumò in un precoce oblio, il suo ricettario ebbe vita lunghissima e grande fortuna, grazie anche ad una serie di plagi che diffusero la cucina di Martino in tutta Europa.
In questa prospettiva un ruolo non marginale fu ricoperto dal suo amico, Platina con il trattato «sul piacere onesto e la buona salute» (De honesta voluptate et valetudine), sia nell’edizione originale latina, sia nelle traduzioni che ne furono fatte in italiano, in francese e in tedesco.
Martino, l’innovatore
L’importanza di Martino nella cucina italiana è dovuta non soltanto alle innovazioni culinarie di cui fu propugnatore ma anche nel nuovo modo di esporre la sua “scienza” in cucina. Prima di lui i ricettari erano molto approssimativi, le dosi quasi sempre mancano, i tempi di cottura non sono precisati. La materia è organizzata in modo discontinuo, l’ordine delle ricette non segue criteri definiti.
Con lui si cambia registro. Organizza la materia in capitoli. Lo stile è preciso, dettagliato e immediato. È chiara l’intenzione dell’autore di volere farsi comprendere non soltanto dagli addetti ai lavori (anche per questo scelse la lingua volgare), e le ricette si susseguono, in ordine di portata e di tipologia di ingredienti, in modo snello e moderno. Come accennato Martino unisce, alla tradizione della cucina medioevale, innovazioni che gli pervengono dalla conoscenza della cucina catalana, oltre che della cucina araba e orientale.
Sintesi della cucina medievale e apripista di quella moderna
Per la prima volta i “piatti di pasta” vengono presentati come genere a se stante. Conia parole nuove (come polpetta o frittella) destinate a larga fortuna nel lessico culinario italiano. Introduce prodotti prima ignorati, come la melanzana. In questo modo Martino si colloca su un vero spartiacque: da un lato, costituisce il punto d’arrivo della tradizione medievale; dall’altro, fonda la tradizione della cucina moderna.
Fonti:
alcune voci di Wikipedia
Gusti del Medioevo, di M. Montanari