Command Sgt. Maj. Lawrence Wilson, the highest-ranking enlisted soldier of Multi-National Forces Iraq, accompanies Sgt. 1st Class Mike Schlitz, a wounded warrior returning to Iraq as part of Operation Proper Exit, Dec. 29, 2009, at Camp Ramadi, Iraq. The program, in its third installment, returns severely-wounded veterans to the battlefield where they were wounded to help them find psychological closure. (U.S. Army photo by Spc. Michael J. MacLeod) Five severely-wounded veterans returned to Iraq just after the 2009 Christmas holiday as part of the third installment of an evolving program to help wounded warriors heal from traumatic combat injuries. The group, consisting of amputees and severe-burn victims, visited deployed paratroopers of the 82nd Airborne Division as part of Operation Proper Exit, a program designed to return the injured to the scene of their battlefield injuries to help them find psychological closure.
L’errore più comune che si può fare è immaginare che la guerra si evolva esclusivamente in base allo sviluppo tecnologico. In realtà la dottrina militare di ogni paese è il frutto della propria matrice storica e culturale e gli Stati Uniti d’America non costituiscono un eccezione. Oggi è difficile credere che la prima super potenza militare del mondo abbia avuto, fino al 1939 e oltre, un esercito ridotto nelle dimensioni, impreparato e con una dottrina militare inadeguata alla guerra moderna e alle nuovi armi che si erano affacciate prepotentemente negli ultimi anni della Grande Guerra.
Nel 1939 l’US Army aveva 163 anni di storia. In oltre un secolo è mezzo di vita aveva combattuto soltanto una guerra su vasta scala e per diversi anni: la Guerra Civile americana. Poi una serie di conflitti di breve durata e di scala ridotta, per un totale di 13 anni su 163 di stato di guerra, compresi alcuni mesi di intensi combattimenti nella Prima Guerra Mondiale.
Non si possono infatti rubricare a questo titolo le scaramucce e i conflitti con i nativi americani che pure, prima di soccombere definitivamente, impegnarono le forze armate statunitensi più in compiti di “polizia” che di esercito in guerra. Questa tipologia di azioni militari determinò una certa preferenza per determinate caratteristiche: alta mobilità, piccole formazioni, armamento leggero, soldati duri e autosufficienti, e una sottovalutazione per tutte le specialità di appoggio.
Questo modo di combattere si tradusse nella dottrina della cosiddetta “guerra aperta” che temerariamente l’US Army applicò nei primi mesi del suo coinvolgimento nella Grande Guerra. I comandanti americani mandarono all’attacco la fanteria, senza i tiri di preparazione dell’artiglieria, appoggiata soltanto da armamento leggero. Le perdite statunitensi furono spaventose nei primi combattimenti fino a quando i comandanti dell’AEF (American Expedionary Forces) si convertirono alle tattiche duramente apprese nel 1915 da inglesi e francesi. Questa lezione però fu ben presto dimenticata a partire dal 1919.
Di fatto la dottrina della guerra aperta fu ribadita nonostante gli esiti nefasti e questo spiega perché nel 1939, quando la Germania nazista con l’invasione della Polonia darà il via alle Seconda Guerra Mondiale, l’esercito statunitense vi arrivò altamente impreparato. Questo distorto concetto di mobilità fece si che l’esercito americano diede priorità agli armamenti leggeri, maneggevoli e mobili a scapito della protezione e della capacità di resistere al fuoco nemico.
Un esempio fra tutti: i carri armati. Quando i tedeschi stavano già armando i loro carri armati da battaglia con un cannone da 75mm, ad esempio nel Panzerkampfwagen IV, il carro armato standard statunitense, il medio M2, aveva solo un cannone da 37mm. E questo gap continuerà quasi ininterrottamente con i modelli successivi. Per quasi tutta la durata della guerra in caso di scontro uno contro uno i carri armati tedeschi avrebbero avuto la meglio. Questa scelta può sembrare irrazionale per una nazione che già si era affermata come la prima potenza industriale del pianeta, ma in realtà corrispondeva a convincimenti radicati sull’arte di condurre la guerra.
Il capo di stato maggiore delle forze terrestri statunitensi (AGF), il generale Lesley McNair era fermamente convinto che i carri armati non dovessero scontrarsi tra loro ma aspettare lo sfondamento della fanteria per irrompere dietro il varco e ripulire la zona. Il compito di affrontare i carri armati nemici venne affidato a dei veicoli chiamati “cacciacarri” , molto più economici da costruire che però difettavano di sufficiente robustezza e si rivelarono inadeguati nel compito di sostegno alla fanteria nel quale vennero spesso impiegati.
La svolta nella obsoleta dottrina militare americana avviene nel 1940 e fu determinata dall’analisi della travolgente avanzata in Francia della Wermacht, che combinando l’azione degli Stukas e dei carri sbaragliò l’esercito francese e il contingente di spedizione britannico in due settimane e nel giugno dello stesso anno occupò gran parte del paese.
Nel luglio dello stesso anno, il capo di stato maggiore dell’esercito statunitense, il generale George Marshall, firmò gli ordini per la creazione di una nuova organizzazione battezzata Armored Force, al comando del generale Adna R. Chaffee Jr. dopo la quale apparvero le prime due divisioni corazzate statunitensi.
Nel settembre del 1940 si pose mano anche alla forza complessiva dell’US Army attraverso il Selective Service Act, fortemente voluto dal Presidente Roosevelt che portò l’esercito statunitense nel luglio del 1941 ad un organico di un milione e 400.000 uomini ripartito in 36 divisioni. Questo straordinario impegno di ammodernamento e ampliamento delle forze armate USA fece lievitare il budget militare, che nel 1940 era pari a 9 miliardi di dollari, superiore alla somma di quelli di tutti gli anni precedenti dal 1920 al 1939.
Fonti:
alcune voci di Wikipedia
Citino, Robert M.. 1943 Declino e caduta della Wehrmacht
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