lunedì, Maggio 20

Alle origini di TrumpLand

 

Le analisi del voto americano ci hanno fatto riscoprire una parte degli States forse troppo presto marginalizzata nel dibattito politico e culturale non soltanto americano.

Forse può essere di qualche interesse ripercorrere alcuni degli aspetti storici della formazione di questa fetta d’America, per comprendere, per cosi dire anche le ragioni antropologiche del fenomeno Trump.

Oggi scriviamo della nascita della Louisiana. Fine del XVIII secolo, la Spagna possiede la Louisiana ed un intera fascia a sud del continente nordamericano.

Madrid però è estenuata dai costi per il controllo di questa immensa colonia e per le difficoltà nei rapporti con i nativi, in particolare con le tribù Creek, Cherokee e Chickasaw. Nel 1795 con il Trattato di San Lorenzo la Spagna cede la cosiddetta Yazoo Strip nell’attuale Alabama ed apre ai commerci con i mercanti americani.

Il tempo era maturo e cinque anni dopo la Spagna vende alla Francia di Napoleone Bonaparte l’intero territorio della Louisiana.

Un vicino cosi’ ingombrante ovviamente mette in allarme la giovane Repubblica statunitense, ma occorreva agire d’astuzia perché una guerra contro Napoleone era impensabile. In quell’anno, il 1800, era diventato da poco terzo Presidente degli Stati Uniti Thomas Jefferson, uno dei padri fondatori della Repubblica, leader del Partito democratico-repubblicano. Si era trattato di un elezione, e prima ancora di una campagna elettorale, turbolenta e senza esclusioni di colpi. Jefferson fu proclamato Presidente il 4 marzo 1801 dopo aver vinto il duello con l’altro candidato democratico-repubblicano Burr. La vittoria di Jefferson metteva fine all’egemonia politica del Partito Federalista. Jefferson era un uomo colto e brillante, architetto e scienziato, imbevuto dal pensiero illuminista, era stato diplomatico in Francia durante la Rivoluzione che aveva appoggiato nei limiti imposti dal suo ruolo.

Adesso si trovava a dover fronteggiare la Francia napoleonica per il controllo della Louisiana. Le trattative per l’acquisto della città di New Orleans, importante snodo commerciale e portuale del territorio, iniziano nel 1801. Jefferson invia a Parigi per trattare un suo plenipotenziario Robert R. Livingston. Le trattative si arenano subito e Jefferson capisce che ci vuole qualche altro incentivo per sbloccare la situazione. Inizia cosi a far trapelare che contestualmente ha avviato trattative con la Gran Bretagna per la stipula di un’alleanza militare.

Nel frattempo la Francia impegnata nelle guerre napoleoniche si trova ben presto a corto di risorse finanziarie per sostenere le ingenti spese militari e quando un insurrezione di schiavi a Santo Domingo sbaraglia la guarnigione francese, il dato è tratto: nel giorno di Pasqua del 1803 Napoleone annuncia che venderà l’intero territorio della Louisiana agli Stati Uniti. L’incredibile affare si farà per la somma di 15 milioni di dollari dell’epoca, vale a dire circa 3 centesimi ad acro . Con le sue 800.000 miglia quadrate questo territorio era più grande di tutti gli Stati Uniti dell’epoca e darà poi vita a ben 13 stati. La Louisiana originaria andava infatti dal Golfo del Messico fino alla frontiera canadese, comprendendo tutto l’enorme bacino fluviale del Mississippi. Il contratto di vendita fu ratificato il 30 aprile 1803 dal congresso e il 20 ottobre dello stesso anno dal senato.

All’epoca questo immenso territorio era scarsamente abitato, popolato da tribù native spesso ostili all’espansionismo colonizzatore dei bianchi e per molto tempo fu conosciuta come Lousiana Purchase.

La sua importanza strategica si rivelò con il tempo costituendo da una parte la porta d’accesso all’espansionismo verso ovest e dall’altra offrendo nuovi posti di lavoro in città di forte impronta europea come New Orleans e Baton Rouge.

il 30 aprile 1812 entrò a far parte degli Stati Uniti come diciottesimo Stato dell’Unione, mentre nel 1860 fu uno degli Stati scissionisti che dettero vita alla Guerra Civile americana.

Ma questa è un’altra storia.

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