sabato, Luglio 27

Austen Henry Layard, l’Indiana Jones dell’archeologia

Austen Henry Layard, (1817-1894), appartiene di diritto all’epoca eroica dell’archeologia. Appartenente all’alta aristocrazia britannica, passò la giovinezza tra l’Italia, la Francia e la Svizzera cosa che gli diede l’opportunità di imparare perfettamente l’italiano e il francese.

Nel 1839 conobbe Edward Mitfortd con cui intraprese un lungo viaggio che nel 1840 lo condusse fino a
Gerusalemme, dove si separarono e Layard visitò le rovine di Petra, Ammon e Gerash. Fu molto pericoloso, infatti subì un attacco dai beduini, al quale sopravvisse. I compagni di viaggio si rincontrarono ad Aleppo per proseguire insieme fino al 10 aprile 1840, quando si fermarono per due settimane a Mosul. Qui incontrò l’esploratore francese Charles Texier che era sulla strada di casa dopo che aver prodotto molti disegni e piani di Persepoli e Pasargadae.

Qui, Layard fu pervaso dal sacro fuoco dell’archeologia, e sviluppò un interesse per le antiche colline sull’altra sponda del fiume, ma dovette attendere ancora qualche anno prima di potervi fare ritorno e dare inizio agli scavi. Le sue prime imprese archeologiche, a partire dal 1845, si svolsero nel sito di Nimrud (dove lui pensava si trovassero i resti dell’antica Ninive), pochi chilometri a valle rispetto a Mossul.

La zona era governata da un despota locale, senza un occhio ed un orecchio, tale Muhammad Pascià, che non voleva assolutamente che si facessero scavi nel territorio da lui controllato. Per ingannarlo Layard simulò una spedizione di caccia, occultando gli attrezzi necessari per lo scavo. Giusto sul posto trovò ospitalità nella capanna di un capo-villaggio e li, raccontò successivamente, sognò quello che avrebbe dissepolto.

Cominciò a scavare il mattino seguente. La sua squadra era composta da sei operai locali, che suddivise in due squadre assegnate ad altrettante zone della collina, molto distanti l’una dall’altra. Non era ancora finita la prima giornata di lavoro ed entrambi i gruppi avevano già dissotterrato stanze con pareti ricoperte di incisioni. Queste stanza appartenevano però a due edifici palazzi assiri che Layard ribattezzò “Palazzo Nord Ovest” e “Palazzo Sud Ovest”.

Questi ritrovamenti spinsero Layard ad ingaggiare altri 30 operai e dalle iscrizioni riportate sulle pareti dei palazzi evinse, in seguito, che il Palazzo Nord-Ovest fu costruito da re Assurnasirpal II, mentre duecento anni dopo, un altro sovrano costruì l’altro.

Layard pubblicò un libro sulle sue favolose scoperte a Nimrud, tra le quali figura anche l’obelisco nero di Salmanassar III: un pilastro di circa due metri ricoperto di bassorilievi che raccontano le gesta del sovrano, e che tra gli altri menzionano anche il biblico Ieu, re d’Israele. Il libro fu pubblicato nel 1849 e consolidò all’istante la sua reputazione di archeologo, avventuriero intrepido e scrittore accattivante. Lo intitolò Delle scoperte di Ninive, titolo quanto mai infelice, in quanto si scoprì in seguito che il sito sui cui aveva scavato non era quello la favolosa ed antichissima città che sorgeva sulla riva sinistra del fiume Tigri e che divenne capitale del regno assiro sotto il re Sennacherib (704 – 681 a.C.); ampliata e abbellita da questi e da Assurbanipal  (668- 626 a.C.) raggiunse l’apice del suo splendore[: le mura si estendevano per 12 chilometri su un territorio di 750 ettari.  Ninive che fu distrutta nel 612 a.C. segnò la fine dell’Impero Assiro.

Layard nel 1849 fece ritorno a Mossul per una nuova sessione di scavi, che durò fino al 1851. Questa volta la sua attenzione era focalizzata su Kuyunjik, la collina che era stata esplorata e poi abbandonato sette anni prima dal console francese di origine italiana Botta.. Ora disponeva di finanziamenti sufficienti per ingaggiare fino a trecento operai alla volta, dieci volte tanto rispetto a Nimrud.

E finalmente riportò alla luce i resti dell’antica Ninive. La scoperta di Layard segna una delle prime volte in cui un avvenimento biblico viene confermato da fonti extrabibliche. Il Palazzo di Sennacherib su cui si focalizzarono gli scavi permise a Layard di annotare nelle sue memorie commenti entusiastici e sbalorditivi:

«Nell’imponente edificio aprii non meno di settantuno sale, camere e passaggi, le cui pareti erano, quasi senza eccezioni, rivestite da lastre scolpite in alabastro». Stimò di aver scavato tunnel sufficienti a riportare alla luce muri simili per una lunghezza pari a quasi tre chilometri, insieme a ventisette vie d’accesso costituite da colossali tori alati e sfingi leonine.

Tuttavia Layard non era un vero e proprio archeologo, non ne aveva la formazione, era piuttosto un avventuriero animato dalla passione delle scoperte, per questo le sue tecniche di scavi furono piuttosto rozze e certamente non più utilizzate da oltre un secolo. Austen Henry Layard morì a Londra il 5 luglio 1894.

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