Sappiamo che nel momento che cerchiamo di effettuare la misurazione di una particella, l’atto stesso provoca il collasso della funzione d’onda. Per i più distratti ricordiamo che semplificando al massimo la funzione d’onda rappresenta la densità di probabilità dello stato sulle posizioni della particella oggetto di misurazione.
In che modo il ricercatore provoca il collasso della funzione d’onda? E questo collasso avviene veramente a livello microscopico? E tutte le misurazioni provocano il collasso della funzione d’onda? La meccanica quantistica compresa l’interfaccia che la collega alla realtà macroscopica produce una freccia temporale? Le domande aperte sono molte ed oggetto ancora oggi di un vasto e talora aspro dibattito tra i fisici.
Il problema della misurazione quantistica introduce una distinzione tra due fasi, il prima ed il dopo la misurazione, rispetto alla funzione d’onda. Prima della misurazione la funzione d’onda secondo l’equazione di Schrodinger evolve tranquillamente, appena il ricercatore effettua la misurazione, l’equazione di Schrodinger viene messa da parte ed avviene il collasso della funzione d’onda. Eppure non esiste differenza tra gli atomi, i protoni ed i neutroni che costituiscono il ricercatore ed i suoi apparecchi di misurazione e l’atomo, il protone o il neutrone che ci accingiamo a misurare. Eppure la meccanica quantistica li considera in modo differente. Negli anni sono state proposte diverse ipotesi toriche per spiegare questo apparentemente anomalo comportamento, ognuno con i suoi fautori e detrattori. Una teoria che si fa risalire ad Heisenberg afferma che la funzione d’onda non è una caratteristica intrinseca della meccanica quantistica ma piuttosto una rappresentazione della realtà stessa per quanto la conosciamo.
Esiste poi la teoria di Hugh Everett conosciuta come interpretazione a molti mondi. Per chi volesse saperne qualcosa di più può leggere il post Hugh Everett III e gli universi paralleli.
Una terza proposta fu avanzata negli anni Cinquanta dal fisico David Bohm, essa afferma che ogni particella possiede come nella fisica classica posizione e velocità definite. Tuttavia in conformità con il principio di indeterminazione ( vedi “Il principio di indeterminazione di Heisenberg”)
le proprietà spaziali e di velocità di una particella rimangono inaccessibili.
La differenza sostanziale nella teoria di Bohm è che non esiste una fase distinta dovuta al collasso della funzione d’onda. Una quarta, suggestiva ipotesi è stata avanzata da un trio di fisici italiani: Giancarlo Ghirardi, Alberto Rimini e Tullio Weber.
Essi modificano ingegnosamente l’equazione di Schrodinger introducendo il concetto dell’instabilità intrinseca della funzione d’onda. In altre parole anche senza interferenze esterne la funzione d’onda di una particella, almeno una volta ogni miliardo di anni collassa spontaneamente. Per quanto riguarda gli oggetti macroscopici una mela, la Luna, un uomo che sono composti da innumerevoli miliardi di particelle il collasso spontaneo della funzione d’onda di una di queste innesca, in una sorta di effetto domino, il collasso generalizzato di tutte le funzioni d’onda di tutte le particelle che costituiscono il corpo macroscopico, consentendone quindi di mantenere la definizione spazio-temporale.
Infine dalla fine degli anni Settanta è emersa una nuova spiegazione di questo fenomeno che ha suscitato molto interesse in gran parte della comunità scientifica, la cosiddetta decoerenza quantistica.
Per una spiegazione estremamente succinta di questa teoria leggi “La decorenza quantistica”
Insomma la meccanica quantistica di cui pure innumerevoli prove sperimentali hanno confermato, nel corso degli ultimi decenni, la sua affidabilità e forza predittiva, mantiene ancora molti aspetti oscuri che dividono il mondo della fisica e che ci lasciano ancora in dubbio, su quale sia la realtà che ci circonda più vera e se mi si passa il gioco di parole, più reale.