La breve e illusoria stagione della New Hollywood

Gli Stati Uniti tra la metà degli Anni Cinquanta e il decennio successivo sono attraversati da una serie di avvenimenti che scossero in profondità la società americana. La guerra di Corea prima e quella, per certi versi ancora più devastante, del Vietnam poi, la contestazione giovanile, il movimento di emancipazione dei neri americani, la nascita della controcultura con la “beat generation” e il movimento degli hippy particolarmente forte sulla costa californiana sono forieri di un fermento innovativo ma anche di un malessere che attraversa tutta la società americana.

La crisi di Hollywood

Il cinema in quegli anni attraversa un periodo di crisi piuttosto acuta. Una crisi di pubblico, dovuta sia all’ascesa della televisione che alla concorrenza del cinema europeo, soprattutto della Nouvelle Vague francesce. Persino il genere americano per antonomasia, il western subisce un’inaspettata concorrenza dallo spaghetti-western italiano. È anche una crisi di idee, di modelli produttivi e di autori quella che mette alla corda Hollywood. Il pubblico che frequenta le sale cinematografiche non si riconosce più nella fruizione di un prodotto standardizzato e omogeneo tipico della vecchia Hollywood, si segmenta e cerca offerte diversificate e nuove. Vuole una filmografia più reale, riflessiva, attenta ai nuovi temi che agitano la società statunitense.

Hollywood alla riscossa

La formula dello studio system, il sistema produttivo della Hollywood classica entra in crisi e il monopolio delle Majors si incrina. Le grandi case cinematografiche abbandonano il monopolio delle sale e i cinema tornano in mano agli esercenti, allo stesso tempo aprono anche ai produttori indipendenti a cui offrono sostegno logistico a condizioni di favore.

Hollywood capisce che per non affrontare una sorta di “viale del tramonto” deve favorire il cambiamento e proporre un nuovo cinema. Un cinema più vicino al mondo reale e in grado di dar vita ad una nuova mitologia. Per questo obiettivo occorrono nuovi registi e nuovi attori. Al nuovo regista si riconosce una maggiore autonomia creativa e il nuovo attore contribuirà alla definizione della figura dell’antieroe, un personaggio “vero” che conosce la dimensione del dubbio e della sconfitta.

Roger Corman, il padre spirituale della New Hollywood

I nuovi autori che daranno vita alla cosiddetta “New Hollywood” tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni degli Anni Ottanta devono molto alla Nouvelle Vague e a Roger Corman, conosciuto come “Il padre spirituale della Nuova Hollywood”. Profondo estimatore della Nouvelle Vague francese, Corman autore e produttore di film a basso costo, etichettati come B-movie, lancerà una nuova generazione di registi come Francis Ford Coppola,  Ron Howard , Martin Scorsese , Jonathan Demme , Peter Bogdanovich, Joe Dante, John Savles, James Cameron ed altri.

Dal punto di vista stilistico la New Hollywood si caratterizza da movimenti inusuali della cinepresa, dall’intenso utilizzo della macchina a spalla, panoramiche molto veloci e soprattutto da una narrazione che si frammenta anche attraverso l’allungamento delle inquadrature. L’azione perde gran parte della sua rilevanza all’interno dei film per dare spazio alle soggettive e alla profondità di campo.

L’influenza della Nouvelle Vague è già fortemente visibile in “A gangster story“, 1967 di Arthur Penn mentre con “Il laureato“, 1967, Mike Nichols affronta il tema del contrasto generazionale che sta scuotendo l’America filtrato attraverso gli occhi di una famiglia. Il tradizionale “lieto fine” di Hollywood viene stravolto o addirittura cancellato da una conclusione tragica o amara, come nel caso di “Cinque pezzi facili“, 1970 di Bob Rafelson o di “Easy Rider”, 1970.

La nascita del road movie e la crisi del lieto fine

Quest’ultimo diretto da Dennis Hopper e interpretato oltre che da lui stesso da Peter Fonda e un giovane Jack Nicholson narra il viaggio attraverso gli Stati Uniti d’America da Los Angeles alla Louisiana di due motociclisti sui loro chopper. Billy e Wait, soprannominato anche Capitan America, rappresentano la cultura del mondo hippie di fine anni sessanta: i protagonisti sono malvisti dalla gente comune per il loro aspetto, il loro modo di vestire, di vivere e di comportarsi, pur essendo persone non violente che vanno per la loro strada senza creare fastidi.

In questo caso l’happy ending è completamente cancellato, i due motociclisti verranno assassinati senza un vero motivo, colpevoli soltanto di rifiutare l’assoggettamento ad una società conformista che scricchiola e proprio per questo reagisce con rinnovata ferocia. Il film raccolse decine di nomination tra i vari premi internazionali di cinema, aggiudicandosene diversi tra cui quella della “Miglior opera prima” a Dennis Hopper nel Festival di Cannes del 1969.

Easy Rider è anche l’antesignano di un nuovo genere cinematografico, il road movie, destinato a soppiantare il western. Favorito da una straordinaria colonna sonora e arricchito da un uso sapiente della camera car che mostra il paesaggio americano che scorre a fianco dei due motociclisti, il film elabora una nuova poetica-musicale che sarà ripresa negli anni successivi da altre opere.

Altri esempi di road movie saranno “Sugarland Express”, 1974, “Thelma e Louise”, 1991, “Alice non abita più qui”, 1974, “Punto Zero”, 1971 e “Alice’s Restaurant”, 1969.

Il ruolo di Francis Ford Coppola

Un altro regista Francis Ford Coppola, anch’egli “svezzato” da Roger Corman, fonda una sua casa di produzione, l’American Zoetrope, che fa lavorare autori del calibro di Scorsese, Milius, Lucas, Bogdanovich e Friedkin. Da parte sua Coppola realizza film come l’acclamato “La conversazione“, 1974, opera che si ispira chiaramente a Blow up di Antonioni, ma è con la fortunata trilogia de “Il Padrino” (1972, 1975, 1990) a riscuotere un successo internazionale.

Il suo capolavoro è però, molto probabilmente “Apocalypse Now“, 1979 adattamento di un racconto di Conrad, Cuore di tenebra, marcato indelebilmente da una figura tenebrosa e crudele: Kurtz interpretata da un gigantesco Marlon Brando. Il film vinse la Palma d’oro al 32º Festival di Cannes e il premio oscar per la migliore fotografia a Vittorio Storaro e quello per il miglior sonoro a Walter Murch. La critica americana fu però piuttosto fredda verso il film che costato 30 milioni di dollari ne incassò 78 negli Usa e 150 complessivi in tutto il mondo.

La fine della piena libertà creativa del regista-autore

Il “gigantismo” del film e il suo costo esorbitante per l’epoca causarono l’esclusione di Coppola da Hollywood. Stessa sorte toccherà a Michael Cimino, con il suo “I cancelli del cielo“, 1981 che racconta i massacri che costellano la nascita degli Stati Uniti. Il film fatto a pezzi dalla critica statunitense fu un totale fiasco al botteghino, incassando meno di 3 milioni di dollari in patria, a fronte dei circa 44 milioni di costo della pellicola.

Questo drammatico insuccesso portò la United Artists, che lo aveva prodotto, a un passo dal fallimento e distrusse la reputazione di Cimino, in precedenza uno dei registi in ascesa di Hollywood grazie al suo celebre film del 1978 “Il cacciatore“che aveva vinto cinque Premi Oscar nel 1979. Il disastro commerciale de “I cancelli del Cielo” non soltanto porterà alla definitiva emarginazione di Cimino da Hoolywood ma sancirà anche la fine dell’epoca in cui ai registi-autori cinematografici veniva concessa dai produttori totale libertà creativa nel realizzare film ambiziosi e costosi.

I traditori della New Hollywood

Fra i temi principali della filmografia della New Hollywood emerge quello della nostalgia; nostalgia del vecchio cinema con Bogdanovich (L’ultimo spettacolo, 1971), o degli anni cinquanta con Pollack (Come eravamo, 1973), o con Lucas (American Graffiti, 1973). Proprio George Lucas e Steven Spielberg che avevano realizzato due film sperimentali e molto moderni, come “L’uomo che fuggì dal futuro“, 1971 e “Duel“, stesso anno, virarono ben presto verso il film commerciale e spettacolare, tanto da essere considerati come i “traditori della New Hollywood”.

La stagione del rinnovamento del cinema americano, agli inizi degli anni Ottanta volgeva alla fine. Segnato da alcuni clamorosi insuccessi di pubblico, dal fastidio crescente delle case cinematografiche nel consentire all’autore una totale libertà espressiva che necessariamente si ripercuoteva sul budget e da un pubblico normalizzato che chiedeva soltanto di “evadere” per un paio d’ore dalla realtà del ,mondo circostante, la New Hollywood si spegne, in una sorta di silenziosa e rapida eutanasia.

Per saperne di più:

L’house style del cinema classico di Hollywood

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Bernardi, Sandro. L’avventura del cinematografo

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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