sabato, Luglio 27

La leggenda della portaerei Enterprise

La leggenda di una delle più famose portaerei della storia militare comincia da un colpo di fortuna. Quando il 7 dicembre del 1941 i giapponesi attaccano la base americana di Pearl Harbor, l’Enterprise una portaerei che dislocava 28.500 tonnellate a pieno carico con un equipaggio di 2919 uomini, aveva appena lasciato l’Isola di Wake, dove aveva consegnato il Marine Corps Fighter Squadron 211 e si stava dirigendo a velocità da crociera verso Pearl Harbor.
Questo permise a questa portaerei di classe Yorktown che imbarcava 27 caccia intercettori, 37 cacciabombardieri e 15 aerosiluranti di uscire indenne dall’attacco a sorpresa che apre il conflitto tra il Sol Levante e gli Stati Uniti.
Una delle prime reazioni a questo attacco proditorio fu affidato proprio all’Enterprise ed il 10 dicembre un suo aereo affondò il sottomarino giapponese I-70, il primo in assoluto perso dal Giappone nelle acque del Pacifico.
Insieme alla portaerei gemella Hornet l’8 aprile 1942 partecipa con 16 bombardieri al raid su Tokjo, questa missione fece perdere alle due unità l’appuntamento con la battaglia del Mar dei Coralli ma non CON quella di Midway.
In questo scontro che segna la prima grave sconfitta della flotta nipponica comandata dall’ammiraglio Yamamoto, gli aerei dell’Enterprise affondano le portaerei Sōryū e Akagi. L’Enterprise uscì illesa dal combattimento, tornando a Pearl Harbor il 13 giugno 1942.
Poco tempo dopo, nell’agosto del 1942, troviamo l’Enterprise a Guadalcanal dove i suoi aerei forniranno la copertura all’attacco americano, abbattendo in due giorni 17 velivoli giapponesi.
La portaerei lunga oltre 246 metri e larga sul ponte di volo 34 metri era in grado di sviluppare la ragguardevole velocità massima di 33 nodi orari.
L’Enterprise subi’ nel corso della sua vita numerosi attacchi come quello nella battaglia delle Isole Salomone, agosto 1942, dove risultò essere la nave statunitense più gravemente danneggiata, subendo tre centri diretti e quattro colpi vicini che uccisero 74 uomini e ne ferirono 95. Comunque le ben addestrate squadre di controllo danni e rapidi lavori di riparazione temporanea la misero in condizioni di rientrare alle Hawaii senza bisogno di essere trainata.
Straordinario poi fu il suo ruolo, dopo le riparazioni eseguite a Pearl Harbor, nell’ottobre dello stesso anno, nella battaglia delle Isole Salomone quando gli aerei dell’Enterprise colpirono portaerei e incrociatori nemici mentre essa veniva sottoposta a intensi attacchi. Colpita due volte da bombe perse 44 uomini ed ebbe 75 feriti.
Nonostante i seri danni subiti continuò l’azione prendendo a bordo un grande numero di aerei della Hornet quando questa dovette essere abbandonata. La strenua resistenza dell’Enterprise permise agli americani di rinforzare le difese di Guadalcanal in attesa dell’inevitabile attacco nipponico.
Subito dopo fu concesso un lungo periodo di riposo per l’equipaggio e di riparazioni per la nave che tornerà operativa soltanto a metà del 1943.
Il 6 maggio del 1945, dopo essere divenuta da pochi giorni la nave ammiraglia del comandante della Task force 58, ammiraglio Marc Mitscher, venne nuovamente danneggiata da un aereo kamikaze, che distrusse l’ascensore anteriore, uccise 14 uomini e ne ferì altri 34. La nave navigò per riparazioni al cantiere navale di Puget Sound Navy Yard, arrivando il 7 giugno e si trovava ancora lì il 15 agosto 1945, giorno della vittoria sul Giappone.
L’Enterprise fu decorata 19 volte in battaglia e fu l’unica nave non appartenente alla Royal Navy britannica a ricevere la British Admiralty Pennant. Al termine della Guerra dopo le opportune riparazioni partecipò all’operazione Magic Carpet riportando in patria dall’Europa oltre 10.000 uomini. Al termine della sua gloriosa vita fu venduta e demolita mentre il suo nome passò alla prima portaerei americana con propulsione nucleare.
La sua leggenda rimane cosi forte nell’immaginario americano che anche la celebre serie fantascientifica Star Trek battezza con il nome Enterprise la nave della flotta stellare che si spinge la dove nessun uomo è arrivato prima.

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