Quando pensiamo ai robot il nostro pervicace antropomorfismo ci porta ad immaginarli con forme vagamente umanoidi e ben definite. Ma tutto ciò è fuorviante e porta la gente comune a credere che la rivoluzione tecnologica proceda di pari passo con il conferire a queste macchine, sempre più potenti ed evolute, il nostro corredo di convenzioni sociali. I robot industriali si sono evoluti significativamente negli ultimi decenni ma hanno avuto bisogno di un’ambiente costruito intorno a loro. Alla base del formidabile progresso di queste macchine c’è la convergenza di quattro tecnologie: l’incremento della potenza computazionale, il forte miglioramento del machine learning, una più efficace progettazione industriale ma soprattutto sensibilissimi incrementi della machine perception, ovvero della capacità di questi robot di percepire e “comprendere” l’ambiente che li circonda.
Il combinato disposto del machine learning (la capacità di apprendimento della macchina) e dell’utilizzo di videocamere ed altri sensori ha consentito un vero e proprio balzo in avanti. Le quattro tecnologie citate con il loro impetuoso sviluppo ci stanno portando rapidamente verso una generazione di robot in grado di portare a termine, gran parte, se non tutti i compiti che fino adesso richiedono la presenza umana.
E soltanto una minima parte di questa nuova generazione di macchine avrà la simpatica forma umanoide dei robot a cui ci ha abituato il cinema e la letteratura, anzi per svolgere più efficacemente i loro compiti gran parte di queste IA si sottrarranno dal principio di località per essere diffuse in una pluralità di sistemi e di cloud.
Contrariamente all’essere umano che per sperimentare l’ambiente che lo circonda utilizza sensi e strumenti molto vicini gli uni con gli altri le IA si avvarranno di uno sterminato sistema di sensori distribuito e di una potenza di calcolo sempre più impressionante in grado di dare quindi una percezione più completa, esatta e profonda di ciò che avviene in punti anche molto lontani gli uni dagli altri.
Questo consegue che non vedremo fisicamente questi lavoratori artificiali, essi saranno la segmentazione di funzioni, processi e sensori distribuiti nella rete in grado di svolgere gran parte delle attività fino ad oggi assolte dagli esseri umani.
Tutto questo può sembrare fantascienza ma in realtà buona parte delle tecnologie necessarie per questo altro step della rivoluzione tecnologica ed informatica che sta cambiando il nostro mondo sono già disponibili.
Il punto è che mentre noi pensiamo ai robot come oggetti e ai programmi come una serie di istruzioni scritte, in realtà si tratta solo di differenti manifestazioni dello stesso fenomeno: il potere dell’elettricità di eseguire lavori e processare informazioni. Non siamo in grado di percepire questa magia in azione, ma siamo soggetti ai suoi effetti.
Un altro aspetto che forse non consideriamo abbastanza è che le tecnologie tendono a fondersi ed a semplificarsi. Un esempio banalissimo può illustrare questo processo che pare irreversibile: una volta erano necessarie dispositivi diversi per avere un satellitare per l’auto, una videocamera, un lettore musicale, un video registratore ed un cellulare.
Adesso con gli smartphone abbiamo tutte queste funzioni, migliorate, in un unico dispositivo ad un costo globalmente più abbordabile.
L’ondata di lavoratori artificiali che nei prossimi 10 o 15 anni arriverà renderà le preoccupazioni attuali sui flussi migratori, dal punto di vista del lavoro, praticamente inesistenti. Il vero processo da governare è come coniugare l’avvento prossimo di queste IA con il benessere e la sicurezza delle persone.