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L’alba di una nuova fisica?

Era il 7 aprile 2021 quando Fermilab aveva pubblicato i risultati dell’esperimento Muon g-2 che a sua volta aveva ereditato gli studi portati avanti nel 2001 dal Brookhaven National Laboratory per misurare il momento di dipolo magnetico anomalo del muone.

Una questione di spin

Il muone  è una particella elementare con carica elettrica negativa e spin pari a 1/2, caratteristico dei fermioni. Nel Modello Standard appartiene, come l’elettrone, il tauone e i neutrini, al gruppo dei leptoni. L’esperimento riguardava essenzialmente il modo in cui un muone ruota su se stesso quando si sposta attraverso un campo magnetico. Questa variazione nella direzione del movimento di rotazione, detta spin, può essere influenzata da particelle virtuali che appaiono e scompaiono nello spazio vuoto.

A due anni di distanza la la collaborazione internazionale Muon g-2, che comprende 182 ricercatori di 33 centri di 7 Paesi e alla quale l’Italia collabora con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, ha presentato nuovi dati, nella sede del Fermilab a Batavia (Chicago) e sottomessi per la pubblicazione alla rivista Physical Review Letters, confermano la stessa discrepanza osservata nel 2021, ma con il doppio della precisione.

L’entusiasmo dei ricercatori per questi nuovi risultati si spinge fino al punto che qualcuno sostiene l’esistenza di una quinta forza della natura. Senza giungere ad una conclusione per la quale mancano ancora solide conferme, appare chiaro come il Modello Standard, ovvero la struttura con la quale attualmente descriviamo l’universo sembra scricchiolare sinistramente.

I risultati presentati da Fermilab vanno nella direzione di confermare la presenza di queste particelle virtuali nel nostro universo in grado di condizionare lo spin dei muoni, più di quanto effettivamente fanno le particelle “ordinarie”. Se questa discrepanza sarà confermata si tratterà di una scoperta per importanza, non inferiore a quella del bosone di Higgs. Una scoperta che potrebbe rimescolare le carte del modello Standard, la struttura con la quale attualmente descriviamo l’universo.

Il Modello Standard

Si tratta di una struttura matematica semplice, basata sulle simmetrie della natura, che descrive il modo in cui le particelle elementari interagiscono tra loro tramite la forza elettromagnetica, forte e debole. Le stelle più lontane (nello spazio e nel tempo) sono fatte con le stesse tre particelle elementari con cui sono fatti i nostri corpi: l’elettrone e i quark up e down, questi ultimi che formano protoni e neutroni.

La luce delle stelle non è altro che il prodotto della forza elettromagnetica che interagisce tra i protoni e gli elettroni. Il calore delle stelle è invece l’interazione forte che agisce su protoni e neutroni per produrre la fusione nucleare. La forza debole agisce sia sugli elettroni che sui quark, trasforma i protoni in neutroni e in elettroni carichi positivamente e controlla la fase iniziale del processo di fusione nucleare.

La quarta forza dell’universo, quella di gravità, non trova posto nel modello standard. Riuscire ad integrarla è uno degli obiettivi più importanti della ricerca. Il modello Standard che si è assemblato progressivamente con l’implementazione della conoscenza e delle conferme sperimentali è però un modello incompleto e che non ci fornisce tutte le risposte. Non spiega ad esempio la materia oscura. Ne come mai, in un determinato momento della storia dell’universo la materia ha preso il sopravvento sull’antimateria, permettendo l’esistenza di tutto quello che esiste (galassie, stelle, pianete, uomini, cani ed il blog su cui scriviamo).

La scoperta del muone

L’esperimento Muon g-2 del Fermilab potrebbe confermare che per quanto affidabile e concreto il modello Standard descrive soltanto una parte di un mondo subatomico più ricco e complesso. Questo grazie appunto allo studio dei muoni e dei movimenti di rotazione di queste particelle. I muoni furono scoperti da Carl David Anderson e dal suo studente Seth Neddermeyer nel 1936, mentre studiavano i raggi cosmici essi notarono che, nell’attraversare un campo magnetico, alcune particelle deviavano la propria traiettoria in maniera diversa dagli elettroni e da altre particelle note; in particolare, venivano deflesse con una curvatura minore rispetto agli elettroni, ma maggiore rispetto ai protoni.

La maggior parte dei muoni che raggiungono la Terra è prodotta dai raggi cosmici: quando penetrano negli strati superiori dell’atmosfera, generano pioni, che a loro volta decadono in muoni e neutrini. I muoni così prodotti, con una vita media di 2,2 µs si muovono a grande velocità, sicché la loro vita media osservata dalla Terra è maggiore di quella osservata in un sistema nel quale essi sono in quiete, in accordo con la dilatazione temporale prevista dalla teoria della relatività ristretta. Ogni minuto 10.000 muoni attraversano il nostro corpo.

Queste particelle hanno le stesse caratteristiche degli elettroni ma una massa 200 volte più grande. Questo rende il muone una “sonda” da laboratorio particolarmente utile perché eventuali deviazioni dal comportamento previsto saranno più evidenti.

Il cuore del problema

Per come sono formulate le equazioni del modello Standard se il muone non oscillasse affatto il valore di g (la velocità di precessione che dipende dal magnete interno del muone) è pari a 2. Se così fosse la direzione del moto e dello spin del muone sarebbero sempre uguali a g-2 ovvero zero. In questo caso non si osserverebbe alcuna oscillazione del muone. Questa è la situazione che ci si aspetta senza considerare le proprietà del vuoto.

Ma la meccanica quantistica ci insegna che lo spazio vuoto non è proprio così vuoto come il termine può ingannevolmente far credere. Lo spazio vuoto infatti contiene particelle virtuali dalla vita brevissima, una sorta di schiuma quantistica,  che però realizzano effetti fisici molto concreti. Secondo il principio di indeterminazione tutte le particelle elementari del modello Standard possono comportarsi come particelle virtuali. Pertanto è possibile che per un tempo brevissimo l’incertezza nell’energia di una particella sia così elevata che dallo spazio vuoto emerga una particella.

I risultati dell’esperimento Muon g-2 (dove ‘g-2’ indica la differenza fra il valore di g previsto dalla teoria e le nuove misure) indicano un valore significativamente diverso da quello previsto dal Modello Standard. La differenza, secondo i fisici, può essere attribuita alle interazioni del muone con le particelle che lo circondano e che fluttuano continuamente tra lo stato di esistenza e quello di non esistenza. La ricerca di queste discrepanza iniziata nel 2017 è ormai al terzo studio che non soltanto la conferma, ma lo fa con una precisione nettamente superiore agli studi precedenti. Adesso ci vorranno almeno due anni per analizzare i dati ottenuti in modo approfondito, ma l’alba di una nuova fisica sembra sempre più vicina.

Per saperne di più:

Il muone

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Le Scienze, edizione cartacea

Ansa.it

Natale Seremia

Appassionato da sempre di storia e scienza. Divoratore seriale di libri e fumetti. Blogger di divulgazione scientifica e storica per diletto. Diversamente giovane. Detesto complottisti e fomentatori di fake news e come diceva il buon Albert: "Solo due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, riguardo l’universo ho ancora dei dubbi."

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