Le difficoltà della colonizzazione spaziale: vivere in un territorio ostile e inospitale

In un articolo precedente abbiamo cercato di elencare i motivi per i quali l’esplorazione spaziale prima e la colonizzazione dopo rappresentino una tappa quasi obbligata per il futuro dell’umanità. Eppure le difficoltà soprattutto del secondo obiettivo sono davvero enormi. Nel Sistema Solare non ci sono pianeti che possiedano i requisiti minimi per una permanenza di una colonia umana. Per capire di cosa parliamo possiamo fare un raffronto con il luogo più inospitale e ostile presente sul nostro pianeta: l’Antartide, l’unico continente terrestre che non sia mai stato colonizzato dall’uomo.

Attualmente in Antartide, il quarto continente più vasto della Terra dopo Asia, America e Africa, sono presenti in modo permanente soltanto tre basi scientifiche le stazioni Vostok (russa), Amundsen-Scott (statunitense) e Concordia (italo-francese), popolate da una pattuglia di ricercatori e tecnici. Si tratta di un continente per il 98% ricoperto di ghiacci e con condizioni climatiche estreme.

Nel Plateau antartico, un altopiano che sfiora i 4.000 metri di altitudine le temperature rimangono sottozero anche nella stagione estiva e possono toccare in inverno i -80 gradi centigradi. I quattro mesi che costituiscono il cuore centrale della stagione invernali sono caratterizzati da una notte perenne e l’aria oltre ad essere molto rarefatta per via dell’altitudine è secca come quella di certe zone desertiche del nostro pianeta. Non esiste vegetazione o vita animale che vada oltre qualche microrganismo. In questa specie di inferno in terra, sorge la base scientifica permanente italo-francese “Concordia”.

Antartide

Rimanere più di qualche minuto all’aria aperta è impossibile e da febbraio a ottobre, Concordia diventa inaccessibile dall’esterno, e le poche persone che restano nella stazione (solitamente una dozzina) si trovano in completo isolamento e costretti a vivere h24 nella base. La costruzione della stazione è frutto di un accordo congiunto, nel 1993, tra l’ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente), e l’Istituto polare francese Paul-Émile Victor (IPEV). Nel 1996 venne realizzata una prima installazione temporanea, operativa solo nella stagione estiva, per fornire il supporto logistico alla missione European Project for Ice Coring in Antarctica (EPICA) un progetto di perforazione a carotaggio continuo della calotta glaciale.

Nel 2005 la stazione scientifica è diventata permanente. L’installazione che sorge a 3.200 metri di altezza nel Plateau antartico ospitò quell’anno la sua prima missione invernale (con 13 persone, di cui 11 francesi e 2 italiani). Concordia è in grado di ospitare 32 persone nel periodo estivo e un massimo di 16 in quello invernale, e occupa un’area di circa 1500 metri quadrati.

La stazione principale (la stazione invernale) è costituita da due edifici cilindrici (alti 17 m, a tre piani, collegati tra loro da una galleria al primo piano) con strutture portanti in carpenteria metallica rivestite da pannelli altamente isolanti in grado di resistere al freddo estremo e a un’elevata escursione termica che può raggiungere i 100 gradi. Un edificio è dedicato alle attività cosiddette silenziose” (laboratori, alloggi del personale, infermeria, sala radio, stazione meteorologica), mentre l’altro alle attività rumorose: sala riunioni, uffici, sala mensa, biblioteca, palestra, sala tv, magazzini e supporto logistico.

La stazione abitata più vicina dista circa 600 chilometri e Concordia può essere rifornita solo d’estate. Il grosso dei rifornimenti (circa 350 tonnellate) viene trasportato da tre convogli terrestri organizzati durante la campagna estiva. Tipicamente un convoglio è costituito da due gatti delle nevi e da 6-8 trattori cingolati. L’equipaggio è costituito da 8-10 uomini che dormono all’interno di due roulotte realizzate allo scopo.

convoglio di rifornimenti

Partendo dalla base Dumont d’Urville, la durata del tragitto è di 20-25 giorni fra andata e ritorno. Durante il viaggio di ritorno si trasportano rifiuti, ma anche strumenti e materiali che devono ritornare in Europa. Il personale che si avvicenda nella base italo-francese viene invece trasportato sempre nella stagione estiva con arei leggeri che coprono la tratta in circa 4 ore di volo.

Nonostante le condizioni estreme di vita di questo avamposto umano in Antartide le difficoltà tecniche, logistiche, di comunicazione e di sicurezza del personale umano sono infinitamente migliori, meno costose e più gestibili di mantenere di quelle necessarie per mantenere una base permanente sulla Luna o su Marte. I problemi per costruire anche una semplice base scientifica permanente sul nostro satellite o sul pianeta rosso rivestono infatti problemi di costi finanziari, viaggio, sicurezza e comunicazioni estremamente complesse e al momento fuori dalla portata di ogni grande player della corsa allo spazio.

Eppure nonostante questo dato di fatto l’uomo non può e non deve rassegnarsi a cercare un futuro nel quale possa diventare una specie multi planetaria.

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Su un altro pianeta di A. Balbi

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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