L’età d’oro della commedia all’italiana

Il neorealismo, se si eccettua “Roma città aperta” non ha mai riscosso un tributo di pubblico importante. Per raggiungere una popolarità significativa deve quindi contaminarsi con il cinema classico narrativo e in Italia questo avviene tra la fine degli anni Cinquanta e il decennio successivo, anche grazie ad una fase economica espansiva che passerà alla storia come il “miracolo economico” italiano.

La rinascita della commedia

Il primo genere a cogliere i frutti di questa contaminazione è senz’altro la commedia che si rinnova profondamente partendo però dalle solidissime radici della commedia dell’arte italiana. Le vecchie maschere del teatro popolare si modernizzano e ci raccontano di un paese che vive una stagione esuberante ma non priva di contraddizioni. Soprattutto si tratteggiano archetipi umani della nuova società italiana quali i’intrallazzatore, il gradasso, il furbo, l’arrivista.

Attori e sceneggiatori della commedia all’italiana

A questi tipi umani danno volto e spessore recitativo una leva di attori di ineguagliabile bravura Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Alberto Sordi, Nino Manfredi, Sofia Loren, Gina Lollobrigida, Monica Vitti. Se la commedia italiana riesce ad essere leggera ma non superficiale, divertente ma anche riflessiva lo si deve anche ad un gruppo di sceneggiatori colti e preparati che lavorano con i maggiori registi del tempo. Sergio Amidei che addirittura esordisce da “Roma Città Aperta“, Luciano Emmer, Ettore Maria Margadonna, Aldo De Benedetti.

Tra tutti però emerge la figura di Ennio Flaiano (1910-1972) scrittore, giornalista e sceneggiatore impareggiabile. Impossibile citare tutti i film a cui Flaiano ha partecipato come soggettista o sceneggiatore, o in entrambi i ruoli. Qui possiamo ricordare il lungo sodalizio con Federico Fellini durato fino a tutto il 1963 e per il quale collaborò a film come “La dolce vita” e “8 e mezzo“. Sempre rimanendo tra gli sceneggiatori che hanno fatto grande quella stagione della commedia italiana non possiamo dimenticare Age e Scarpelli che con Mario Monicelli firmano il capolavoro “I soliti ignoti” (1958). E ancora Suso Cecchi D’Amico che lavorerà con Visconti e Tonino Guerra, Leo Benvenuti, Piero De Bernardi.

I registi della commedia all’italiana

La nuova stagione della commedia italiana mette al centro delle sue storie il miracolo economico che attraversa il paese, fustigandone alcuni dei suoi aspetti più controversi come il consumismo e l’arrivismo. Se prima abbiamo citato gli sceneggiatori che hanno fatto la fortuna della commedia all’italiana non possiamo dimenticare i registi che sono stati capaci di nobilitarla attraverso film straordinari.

Da Ettore Scola a cui dobbiamo commedie come “La più bella serata della mia vita” (1972) ma soprattutto le sceneggiature di “Il sorpasso” (Risi, 1962) e “Io la conoscevo bene” (Pietrangeli, 1965) a Pietro Germi che firma opere come “Divorzio all’italiana” (1961), “Sedotta e abbandonata” (1963), oppure “Serafino” (1968).

Un altro grande interprete della commedia all’italiana è Dino Risi, a lui dobbiamo pellicole come “Il mattatore” (1960), “Una vita difficile” (1961) e “I Mostri (1963). E ancora Mario Monicelli, Alberto Lattuada, Vittorio De Sica, Luigi Comencini per citare alcuni dei maestri indiscussi non soltanto della commedia all’italiana, ma del cinema tout court.

Conclusioni

Grazie alla concomitante presenza di registi, attori e sceneggiatori di altissimo profilo, a una maggiore disponibilità di mezzi finanziari e all’evoluzione socioeconomica del paese che offre spunti interessanti e inediti, la commedia all’italiana vive una stagione straordinaria per non dire irripetibile che inizierà a mostrare la corda a partire dalla metà degli anni Settanta.

Per saperne di più:

Commedia all’italiana

Il mattatore

Bernardi, Sandro. L’avventura del cinematografo

Natale Seremia

Appassionato da sempre di storia e scienza. Divoratore seriale di libri e fumetti. Blogger di divulgazione scientifica e storica per diletto. Diversamente giovane. Detesto complottisti e fomentatori di fake news e come diceva il buon Albert: "Solo due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, riguardo l’universo ho ancora dei dubbi."

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