lunedì, Ottobre 14

Omega ed energia oscura

Il rapporto tra la materia e l’energia presente nel cosmo e la sua velocità d’espansione delinea la forma geometrica del nostro Universo quadridimensionale.
Gli astrofisici hanno individuato un parametro matematico in grado di delineare le possibili differenze di questa forma e l’hanno chiamato, tanto per cambiare, con la lettera maiuscola dell’alfabeto greco: Omega.
Omega è frutto del rapporto tra la densità e la materia presenti nell’Universo è la quantità di materia ed energia che sarebbero necessarie per arrestarne l’espansione.
Omega quindi indica la forma del nostro cosmo.
Se Omega è uguale ad 1 l’Universo ha una forma piatta e continuerà ad espandersi per sempre. Se Omega è inferiore ad 1 avrà l’aspetto di una sella con rette inizialmente parallele ma che poi divergono e continuerà ad espandersi per sempre.
Se Omega è superiore ad 1 l’Universo ha una forma curva nella quale le rette parallele torneranno al punto di partenza ed il suo destino sarà un collasso in una sorta di Big Bang alla rovescia.
Dopo la scoperta che l’Universo si sta espandendo (Hubble, 1929) nessuno scienziato ha mai misurato un valore di Omega vicino ad 1.
Il valore a cui ci si era più avvicinati era 0,3. Poi nel 1979 il fisico Alan Guth del MIT lavorando sulla teoria del Big Bang ottenne un valore di Omega vicino ad 1.
C’era però una fastidiosa incongruenza la nuova teoria prevedeva una quantità di massa ed energia superiore a 3 volte quella osservata.
Anche aggiungendo la materia oscura esisteva sempre una forte discrepanza. La soluzione di questa impasse venne risolta, mettendo d’accordo per una volta fisici teorici e sperimentali, aggiungendo la cosiddetta energia oscura.
Adesso i conti tornavano e la teoria elaborata da Guth ed altri poteva reggere con un fattore di Omega uguale ad 1.
Rimane ancora il problema (insoluto) di cosa sia esattamente l’energia oscura. Al momento una delle teorie che tentano di dare una spiegazione a questo enigma sostiene che l’energia oscura sia il prodotto di fluttuazioni quantistiche del vuoto spaziale.
Il vuoto spaziale sarebbe tutt’altro che vuoto ma un ribollire di particelle ed antiparticelle esotiche dalla vita brevissima (per questo chiamate particelle virtuali) che esercitano una pressione verso l’esterno nel volgere della loro quasi impercettibile esistenza.
E sarebbe proprio la brevità della vita di questa questa coppia di particelle-antiparticelle che si annichiliscono quasi istantaneamente a renderle non misurabili e quindi sperimentalmente comprovabili. Questa spiegazione ci lascia però con un altro enorme problema, se misuriamo la pressione sul vuoto prodotta da queste particelle essa risulta enormemente più grande del valore della costante cosmologica.
Insomma occorre ammetterlo ancora ne capiamo poco.

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