Ci sono voluti due anni di lavoro, dal 2015 al 2017, ad un gruppo di ricerca internazionale guidato da Fabrizio Nicastro dell’Istituto nazionale di astrofisica di Roma, sulla base dell’analisi delle osservazioni compiute con il telescopio XMM-Newton dell’Agenzia spaziale europea, che osserva il cosmo nei raggi X per risolvere definitivamente il mistero della materia barionica.
La materia che non riuscivano a vedere era proprio li, dove tutto indicava che dovesse essere ovvero nell’idrogeno ionizzato presente nel cosmo in lunghi filamenti, molto poco luminosi e quindi difficili da rilevare che collegano le galassie.
La svolta è arrivata quando i ricercatori di XMM-Newton hanno puntato il telescopio verso il quasar chiamato 1ES 1553+113. Combinando i dati ottenuti tra il 2015 e il 2017 con altri presenti in archivio, il team di ricerca ha ottenuto la più lunga esposizione di sempre per una singola sorgente di questo tipo: tre settimane di osservazione continua.
Un quasar (contrazione di QUASi-stellAR radio source, cioè “radiosorgente quasi stellare”) è un nucleo galattico attivo estremamente luminoso e generalmente molto distante dalla Terra la cui estrema luminosità di questi oggetti è probabilmente dovuta all’attrito causato da gas e polveri che cadono in un buco nero supermassiccio formando un disco di accrescimento, che converte circa la metà della massa di un oggetto in energia.
E nel caso di XMM-Newton, le misurazioni spettroscopiche ad alta risoluzione hanno identificato in modo incontrovertibile i gas che assorbono la luce del quasar a lunghezze d’onda ben definite. Si tratta di enormi quantità di materia barionica in forma di gas ad alta temperatura, che, come lunghi filamenti, uniscono galassie distanti tra loro milioni di anni luce.
Così finalmente dopo 20 anni è stato svelato il rebus della materia ordinaria mancante, la materia individuata dal gruppo coordinato dal fisico italiano è esattamente nella posizione e nella quantità predette dalla teoria.