A tutti noi è capitato qualche volta nella vita di essere afflitti da un attacco di singhiozzo. In genere la cosa si risolve spontaneamente e con qualche ilarità nel corso di pochi minuti. Eppure dietro questo buffo disturbo di natura respiratoria si cela ancora una buona dose di mistero. Ma cos’è esattamente il singhiozzo?
Il singhiozzo (singulto parossistico antiperistaltico) è la contrazione ripetuta e involontaria del diaframma (contrazione mioclonica) che può ripetersi più volte al minuto. Il singhiozzo è un’azione involontaria che coinvolge un arco riflesso. Una volta attivato, il riflesso provoca una forte contrazione del diaframma seguita, ogni quarto di secondo circa, dalla chiusura delle corde vocali che si traduce nel caratteristico suono “hic“.
Il tipico suono “hic”, che si ripete in modo ritmico e continuo per alcuni minuti, è dovuto al fatto che ogni contrazione del diaframma si conclude con una brusca chiusura della glottide, la valvola che separa l’apparato respiratorio da quello digerente.
In un episodio, l’intervallo tra un singhiozzo e un altro, tende ad essere costante. Il trattamento medico si rende necessario nella sua forma cronica o quando si ripresenta con un’eccessiva frequenza. In questi casi può indicare, ma non necessariamente, uno scompenso a livello epatico o raramente (ma con maggiore gravità) renale.
Nel feto può comparire già dall’ottava settimana di gestazione.
Nessuno sa con certezza perché si scatena un attacco di singhiozzo o peggio ancora, perché a volte si manifestino sindromi che durano anche molti anni. Alcuni teorizzano che possa trattarsi di un comportamento fisiologico vestigiale della muscolatura branchiale dei pesci, chiamato dai neurologi mioclono branchiale.
Tra le cause scatenanti di questi attacchi si ipotizzano alcune fattispecie.
In realtà dobbiamo ammettere che sul singhiozzo e la sua eziologia conosciamo ancora davvero poco.
Il record mondiale del singhiozzo spetta ad un allevatore americano dello Iowa, Charles Osborne, che singhiozzò senza soluzione di continuità, per ben 67 anni! Tutto ebbe inizio nel 1922 dopo aver tentato di sollevare un maiale di 160 chili per macellarlo.
Dapprima la frequenza del singhiozzo era di quaranta volte al minuto, poi rallentò a venti. In quasi settant’anni si è calcolato che Osborne singhiozzò 430 milioni di volte, mai quando dormiva. Nell’estate del 1990, un anno prima di morire, all’improvviso smise senza un apparente ragione di singhiozzare.
Per un normale ed estemporaneo attacco di singhiozzo i rimedi sono quelli che consigliano le nonne. Il più efficace è quello suggerito da Ippocrate, oltre 2000 anni fa, trattenere il fiato e restare in apnea per 10-25 secondi. Questa manovra induce il diaframma a rilassarsi e deve essere preceduta da un’inspirazione profonda.
Lo sfregamento della nuca, il succo di un limone, un bel sorso di acqua gelata, una tirata alla lingua, il classico spavento e almeno un’altra mezza dozzina di pratiche tradizionali sono invocati come toccasana per placare questo fastidioso disturbo. La loro efficacia è non soltanto variabile da soggetto a soggetto, ma priva di consolidate conferme scientifiche.
In caso di singhiozzo persistente e che tende a non passare occorre rivolgersi al proprio medico che farà effettuare una serie di analisi (radiografia del torace, ecografia, ecocardiografia, risonanza magnetica), per poi, eventualmente prescrivere farmaci antispasmodici, rilassanti e sedativi.
Fonti:
alcune voci di Wikipedia
humanitassalute.it
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