Nel 1994, Susana Tamaro ha 37 anni ed ha già al suo attivo due romanzi che però non hanno brillato ne per vendite, nè per apprezzamenti da parte della critica.
Quell’anno esce per Baldini e Castoldi la sua terza opera “Va dove ti porta il cuore” ed è un clamoroso quanto imprevedibile caso letterario. Il romanzo venderà oltre 16 milioni di copie in tutto il mondo ed addirittura nel 2011 sarà inserito tra i 150 libri che hanno segnato la Storia d’Italia.
Il romanzo che utilizza combinandole due distinte tecniche letterarie il romanzo epistolare e il diario ha il suo cuore nella confessione che una anziana signora fa alla propria nipote, facendo emergere una silenziosa menzogna che ha travolto la sua famiglia.
Paradossalmente nonostante il travolgente successo editoriale una parte non marginale della critica lo ha bollato negativamente con accuse di eccesso di sentimentalismo e bigottismo.
Il romanzo fu oggetto di una controversa parodia erotico-sessuale ad opera del comico Daniele Luttazzi col libro “Va’ dove ti porta il clito” (Comix, 1995).
La Tamaro intenterà ben due cause legali perdendole entrambe. Ecco l’incipit di un romanzo che comunque merita una rilettura anche per la sua tecnica di scrittura che utilizza sapientemente flashback e racconto diaristico.
“Sei partita da due mesi e da due mesi, a parte una cartolina nella quale mi comunicavi di essere ancora viva, non ho tue notizie. Questa mattina, in giardino, mi sono fermata a lungo davanti alla tua rosa. Nonostante sia autunno inoltrato, spicca con il suo color porpora, solitaria e arrogante, sul resto della vegetazione ormai spenta. Ti ricordi quando l’abbiamo piantata? Avevi dieci anni e da poco avevi letto il Piccolo Principe. Te l’avevo regalato io come premio per la tua promozione. Eri rimasta incantata dalla storia. Tra tutti i personaggi, i tuoi preferiti erano la rosa e la volpe; non ti piacevano invece i baobab, il serpente, l’aviatore, né tutti gli uomini vuoti e presuntuosi che vagavano seduti sui loro minuscoli pianeti. Così una mattina, mentre facevamo colazione, hai detto: “Voglio una rosa”. Davanti alla mia obiezione che ne avevamo già tante hai risposto: “Ne voglio una che sia mia soltanto, voglio curarla, farla diventare grande”. Naturalmente, oltre alla rosa, volevi anche una volpe. Con la furbizia dei bambini avevi messo il desiderio semplice davanti a quello quasi impossibile. Come potevo negarti la volpe dopo che ti avevo concesso la rosa? Su questo punto abbiamo discusso a lungo, alla fine ci siamo messe d’accordo per un cane.”
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