Il dibattito filosofico e scientifico sui concetti di materia e spazio è lungo millenni. Secondo Aristotele (Fisica, 208b) “la teoria che il vuoto esista implica l’esistenza della posizione: infatti si potrebbe definire il vuoto come una posizione privata del corpo”.
Questo è l’opinione sostenuta da Newton quando sostiene l’esistenza dello spazio assoluto e quindi distingue il moto assoluto da quello relativo.
Parmenide cosi argomentava a sostegno dell’inesistenza del vuoto: “Dite che c’è il vuoto; quindi il vuoto non è il nulla, quindi non è il vuoto”.
Argomentazioni logiche infarcite di tanto in tanto da osservazioni empiriche proprie del modo di ragionare dei grandi pensatori greci.
Nella controversia copernicana entrambi gli schieramenti (quelli che sostenevano l’esistenza del vuoto e quella che la negavano) pensavano che ci fosse una differenza tra il dire: “Il cielo si sposta da est ad ovest” rispetto alla frase “La Terra ruota da ovest ad est”.
Ma se tutto il moto è relativo e lo spazio non è una sostanza ricadiamo ancora nella negazione del vuoto di Parmenide.
Cartesio diceva che l’estensione è l’essenza della materia e quindi vi è materia dappertutto, affermando quindi di fatto l’inesistenza del vuoto.
Lo spazio vuoto per Cartesio è un assurdo. Anche Leibniz credeva nel pieno ma al contempo asseriva che lo spazio era un sistema di relazioni. Su questo aspetto ci fu una clamorosa polemica tra lui e Newton rappresentato da Clarke.
La polemica non produsse un chiaro vincitore fino al tempo di Einstein che diede ragione a Leibniz.
Nella fisica moderna il concetto di spazio vuoto non esiste. Dove non vi è la materia ordinaria vi è ancora qualcosa, se non altro onde luminose.