Soprattutto tra i giovani (ma non solo) negli ultimi venti anni è esponenzialmente cresciuto il desiderio di tatuarsi. Sono piuttosto conosciuti i rischi che si possono incorrere in laboratori che non usano aghi sterili monouso o le cui condizioni igieniche non sono adeguate.
Uno studio recente pubblicato su Nature Scientific Reports mette però in luce altri potenziali rischi correlati all’utilizzo del nerofumo e del biossido di titanio.
Lo studio fornisce dettagliate prove analitiche del trasporto nell’organismo di diversi pigmenti organici e inorganici e delle impurità, costituite anche da elementi tossici, presenti negli inchiostri.
L’analisi con fluorescenza a raggi X di alcuni campioni di pelle e di alcuni linfonodi, prelevati a un gruppo di volontari, ha individuato la presenza di microparticelle e nanoparticelle di biossido di titanio nella pelle e di nanoparticelle nei linfonodi.
Non è ancora ben chiaro l’eventuale potenziale tossico di queste presenze ma un livello minimo di prudenza vorrebbe che chi si accinge a farsi fare un tatuaggio controllasse la composizione chimica dei colori per evitare gli elementi più nocivi.