Le origini dell’aspirina sono antichissime. Un primo indizio documentato risale ad un famoso papiro egizio di 3500 anni fa noto come Papiro Ebers, nel quale si raccomandava di trattare una ferita infiammata con un impiastro di foglie di salice bianco.
La corteccia e le foglie di questa pianta contengono infatti la salicina una sostanza che il corpo umano è in grado di convertire in acido salicilico, il principio attivo dell’aspirina.
Ippocrate raccomandò l’uso delle foglie di salice per alleviare i dolori del parto, mentre il medico romano Aulo Aurelio Celso descrisse il trattamento delle infiammazioni dell’epidermide attraverso questa pianta dagli effetti “miracolosi”.
L’approccio scientifico alla salicina deve però farsi risalire al 1763 quando il reverendo Edward Stone presentò alla Royal Society una relazione sul trattamento della febbre con la corteccia di salice. Poichè spesso la febbre era associata a zone paludose, probabilmente a causa di agenti infettive quali le zanzare, Stone si mise a perlustrare queste zone alla ricerca di un possibile rimedio. Un giorno assaggiò un ramoscello di salice rimanendo stupito per l’amarezza della pianta. Il reverendo associò questo aroma intensamente amaro al chinino, rimedio usato contro la malaria, e quindi essiccò il ramoscello di salice, lo ridusse in polvere e lo somministrò a 50 pazienti con sintomi reumatici. Il risultato fu strepitoso.
Nel 1828 gli scienziati riuscirono ad isolare il principio attivo: la salicina dimostrandone l’efficacia terapeutica.
Il passo successivo fu convertire la salicina in acido salicilico ancora più potente ed efficace.
All’epoca l’acido salicilico veniva prodotto dalle foglie di olmaria, detta anche regina dei prati, e per avere effetti apprezzabili nel trattamento di febbri e dolori doveva essere assunta in grandi quantità, aveva un sapore molto amaro e spesso causava irritazioni gastriche.
Karl Friedrick Gerhardt, ricercatore dell’Università di Montpellier ne produsse una versione impura volta soprattutto a migliorarne l’efficacia, ma non riusci’ ad eliminare il forte sapore amaricante.
L’aspirina come la conosciamo oggi fu introdotta da Felix Hoffmann nel 1897, che produsse, per conto della Bayer, la caratteristica compressa.
Oggi sappiamo che l’aspirina oltre ai noti effetti antiflogistici ed antifebbrili, assunta in dosi opportune è in grado molto spesso di prevenire l’infarto e comunque un secondo episodio.
Su questo aspetto ci sono molti seri studi scientifici, il più famoso dei quali, probabilmente si svolse negli anni Ottanta dello scorso secolo, quando 22.000 medici furono divisi in due gruppi, ad un gruppo fu somministrato un placebo ed all’altro l’aspirina.
Tra coloro che avevano assunto l’aspirina ci fu un crollo verticale degli infarti al punto tale che la sperimentazione venne interrotta per permettere anche all’altro gruppo di medici di assumere il farmaco.