No, non si tratta dell’esultanza di un folle, ma di quello che, probabilmente, ha esclamato Carl Sagan, quando ha esaminato i risultati di uno dei suoi più famosi esperimenti nel 1990.
Carl Sagan è stato uno dei più importanti astronomi, astrofisici ed astrobiologi statunitensi del Novecento, purtroppo prematuramente scomparso a causa di un tumore, a soli sessantadue anni, nel 1996. Conosciuto anche come uno dei fondatori del programma SETI per la ricerca della vita e delle intelligenze extraterrestri, Sagan si pose il problema di come fosse possibile individuare dallo spazio, con certezza, la presenza di vita su un pianeta. Egli quindi progettò una serie di esperimenti nei tardi anni ottanta utilizzando gli strumenti della stessa sonda Galileo, che nel 1990 sarebbe stata lanciata per raggiungere Giove, da compiere durante il primo flyby della Terra della missione nel dicembre 1990.
I risultati che pubblicò sulla rivista Nature dimostrarono che un presunto alieno intelligente da una regione dello spazio non enormemente lontana dal nostro pianeta avrebbe necessariamente notato almeno tre fattori che indicavano senza ombra di dubbio la presenza di vita biologica sulla Terra.
Il primo fattore era la forte concentrazione di ossigeno nell’atmosfera del pianeta che come sappiamo è il prodotto di tutti gli organismi fotosintetici piante in primis. Il secondo elemento dello studio era la presenza di metano che combinandosi con l’ossigeno produce acqua ed anidride carbonica uno dei più importanti gas serra, che deve essere ciclicamente rinnovato. Anche in questo caso la produzione di metano è associabile a cause biologiche (batteri, coltivazioni agricole, ruminanti domestici come le vacche). II terzo fattore era rappresentato da un forte assorbimento di luce nell’estremità rossa dello spettro visibile (in particolare sopra i continenti), causata dall’assorbimento della clorofilla durante la fotosintesi delle piante, altra prova inoppugnabile di vita biologica sul pianeta.
A questi fattori principali Sagan aggiunse anche la trasmissione di onde radio modulate a banda stretta, che non possono provenire da alcuna sorgente naturale segno evidente di vita intelligente.
Naturalmente lo scopo del grande astronomo, divulgatore ed autore di romanzi di fantascienza (suo è Contact da cui è stato tratto l’omonimo film) non era di rilevare scientificamente quello che era noto e sotto gli occhi di tutti da qualche millennio, bensì di aprire la pista per la ricerca di vita biologica attraverso lo spazio e la sua esplorazione con sonde automatiche adeguatamente progettate.