La Grande Guerra è il primo conflitto bellico nel quale si afferma la moderna società della comunicazione, paradossalmente è anche la guerra di cui si conoscono meno gli effettivi esiti e la propaganda e la censura la fanno da padroni.
Dell’andamento generale del conflitto, in quel primo anno di guerra non ne sapevano niente ufficiali e soldati (ad eccezione degli Stati Maggiori dei rispettivi eserciti) confinati nel microcosmo delle unità grandi e piccole, essi vivevano esclusivamente gli accadimenti che li riguardavano.
Sapevano ancora meno le classi colte ed i ceti popolari delle nazioni in guerra, costrette ad abbeverarsi alla fonte della propaganda ed ai giornali a cui era stata imposta una rigida mordacchia.
A tale proposito un prete tedesco osservò: “Se prima della guerra il giornale era l’amico di famiglia adesso ne è il sovrano, perché determina tutte le conversazioni in famiglia e tra gli amici”.
Il risultato di questa importanza che i giornali avevano assunto grazie anche ad una circolazione di massa mai raggiunta prima, fu che tutti i governi si impegnarono a manipolare le notizie belliche attraverso censure e veline propagandistiche, a cui fu arruolato anche il nascente cinegiornale. Nell’ultimo anno di guerra solo la Francia produsse 600 cinegiornali di contenuto bellico che venivano proiettati nei music hall trasformati in cinema.
Il 19 settembre 1914 in Francia, in seguito al peggioramento della situazione militare dovuta ad una serie di sconfitte, il governo inasprì i contenuti della censura, fu proibita la pubblicazione di “commenti inclementi nei confronti del governo o degli alti comandi militari”, così come gli articoli che incoraggiassero la sospensione o la fine della guerra.
Il governo francese inoltre impedì a tutte le testate di pubblicare gli elenchi dei morti e feriti, convinto che l’enormità della carneficina in atto potesse debilitare il morale del fronte interno. Il giornale di Clemanceau, l’Homme Libre fu punito con una settimana di chiusura per aver pubblicato un articolo che criticava il pessimo trattamento dei feriti.
In Germania nell’ottobre del 1914 fu istituito un Ufficio Centrale di Censura che dispiegò i suoi effetti più duri a partire dal 1915, anche in questo paese furono proibiti gli articoli che presentassero anche minime critiche alla conduzione della guerra o alla politica nazionale.
Anche gli intellettuali, sia spontaneamente che al soldo dei governi, si mobilitarono sia per sostenere la giustezza di nascondere alle masse il reale andamento della guerra sia per assolvere il proprio paese da qualsiasi responsabilità nella catastrofe che andava dispiegandosi in Europa.
Lo scrittore francese naturalizzato britannico Hilaire Belloc scrisse al collega Chesterton affermando soavemente: “A volte è necessario mentire spudoratamente nell’interesse della nazione”.
Anatole France non si limitò a criticare il regime del Kaiser, ma condannò in blocco tutta la cultura tedesca, la storia e perfino il vino!
Sir Arthur Conan Doyle, l’inventore di Sherlock Holmes, in un suo opuscolo di chiaro stampo propagandistico scrisse: “Felice l’uomo che può morire con il pensiero di aver servito fedelmente la sua patria in questa crisi senza precedenti”.
Il 18 ottobre 54 intellettuali britannici pubblicarono sul New York Times un manifesto apologetico sulle ragioni dell’Inghilterra nel combattere contro gli Imperi Centrali.
Uno di questi Arnold Bennett si distinse nel corso della guerra per aver pubblicato di specchiata propaganda. Le ragioni che muovevano Bennett andavano però oltre quelle ideali, egli riceveva sostanziosi assegni dall’Ufficio governativo di propaganda che aveva sede alla Wellington House.
Il premio Nobel tedesco Rudolf Eucken nel solo 1914 scrisse ben 34 articoli di propaganda e quell’anno fu calcolato che 43 docenti universitari di storia su 69 erano al lavoro per articoli e saggi in favore delle ragioni germaniche nel conflitto in atto.
Si arrivò a toccare le vette della vera e propria idiozia come quando uno stimato storico transalpino Augustine Cochin scrisse che i tedeschi avevano un loro forte e caratteristico odore da cui era impossibile liberarsi oppure che le pulci che affliggevano i soldati tedeschi erano più grosse ed aggressive di quelle che infestavano i soldati francesi.
Le notizie per altro scarse e controllate dalle autorità militari venivano imbellettate e talvolta clamorosamente e totalmente inventate come quando il Daily Mail descrisse nei minimi particolari una battaglia navale vinta dagli inglesi che aveva un solo difetto: non era mai avvenuta.
La propaganda si spinse anche a cercare di attribuire al nemico la forma più disumana ed abbrutente che prese la guerra dopo i primi mesi di combattimento, ovvero la cosiddetta guerra di trincea. Per la propaganda francese la responsabilità di questo orrore era ovviamente dei tedeschi etichettati come talpe che si rannicchiano nella terra, senza onore e senza coraggio.