Per tutti coloro che si chiedono come mai in presenza di stime che portano a circa 60 miliardi, nella nostra galassia, i pianeti rocciosi collocati nella zona abitabile della loro stella, non siamo ancora riusciti a venire in contatto con una specie aliena evoluta, le risposte sono numerose e non confortanti.
Innanzi tutto non è scritto da nessuna parte che un pianeta che è riuscito a sviluppare la vita debba per forza evolverla verso una o più specie intelligenti. Anche sulla Terra ci sono forme viventi dotati di un buon potere cognitivo come i delfini e le scimmie, ma nessuna di queste specie ha sviluppato un’intelligenza paragonabile a quella umana eppure hanno prosperato e sono sopravvissute.
In secondo luogo nessuno può conoscere quali sono i limiti temporali di una civiltà ed in questo non ci aiuta neppure la storia dell’uomo, la nostra specie l’Homo Sapiens ha soltanto 200.000 anni di vita rispetto ai 4, 5 miliardi della Terra. Inoltre le prime civiltà hanno iniziato a svilupparsi tra i 6000 e i 7000 anni fa e l’esponenziale crescita scientifica e tecnologica è roba di pochi secoli. Una civiltà anche evoluta può estinguersi per cause naturali o per autodistruzione e nessuno può fare una ragionevole stima della sua durata. Magari ci sono state più civiltà aliene intelligenti nella Via Lattea ma si sono ormai estinte.
Al di la di queste considerazioni esiste un problema fisico a qualunque tipo di eventuale contatto con una razza aliena anche più evoluta tecnologicamente di noi: le distanze. L’universo è sterminato ed anche la nostra galassia è decisamente troppo grande. Comunicare è tutt’altro che facile. In passato abbiamo fatto qualche timido tentativo di lanciare un messaggio in bottiglia nello spazio interstellare per comunicare della nostra esistenza. Il più famoso è certamente quello progettato da Frank Drake, (si quello della celebre equazione) che il 16 novembre del 1974 lanciò un messaggio di tre minuti dal radiotelescopio di Arecibo verso l’ammasso stellare M13 a 25.000 anni luce dalla Terra.
Peccato che quando il messaggio tra 25.000 anni arriverà a destinazione non intercetterà il bersaglio che nel frattempo si sarà spostato a causa del movimento di rotazione della galassia. Anche a voler essere ottimisti e stimare che in questo momento ci siano nella nostra galassia almeno 20 civiltà aliene intelligenti e tecnologicamente avanzate la distanza media con ognuna di esse sarebbe di 11.000 anni luce.
Scambiare informazioni non sarebbe certamente semplice, 22.000 anni tra un ciao e l’altro sono decisamente troppi. Come se non bastasse dovremmo potenziare enormemente l’intensità dei segnali da inviare a queste ipotetiche civiltà. Il più potente trasmettitore attuale è il radar del radiotelescopio di Arecibo in grado di trasmettere ad un massimo di 20.000 miliardi di watt. Con questa potenza i nostri migliori apparati SETI potrebbero captare un segnale alieno soltanto se provenisse da una distanza non superiore ai 1.500 anni luce.
Di più nel volume di spazio compreso in 1500 anni luce ci sono non meno di 25 milioni di stelle e soltanto una sarebbe quella giusta. Quindi individuare il segnale sarebbe tutt’altro che una passeggiata.
Insomma alla fine il muro più invalicabile rimane il limite fisico della distanza. Almeno per adesso……