Dall’inizio della rivoluzione industriale ad oggi la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera si è impennata di oltre il 30% a cui si deve aggiungere significativi aumenti di altri gas serra come il metano e l’ossido di diazoto. L’attuale concentrazione di diossido di carbonio raggiunge una concentrazione più alta di quanto sia mai stata nel corso degli ultimi 420.000 anni, anzi alcuni studi ipotizzano che tali livelli non abbiano avuto riscontro negli ultimi 20 milioni di anni.
Inoltre negli ultimi due secoli sono stati immessi nell’atmosfera ingenti quantitativi di gas come i clorofluorocarburi e gli idrofluorocarburi, misture che prima del ventesimo secolo non esistevano. L’effetto serra di natura antropocentrica ha turbato profondamente il meccanismo regolatore naturale dell’atmosfera terrestre provocando un riscaldamento globale che sta mettendo a rischio la sicurezza e la salute dell’uomo e del suo habitat.
Il meccanismo climatico naturalmente è il prodotto di più fattori e non soltanto dell’inconsulto intervento dell’uomo. Un ruolo importante lo gioca ad esempio la variazione dell’emissione solare che segue uno schema di circa 11 anni, conosciuto come ciclo della macchie solari, durante il quale l’emissione può variare dello 0,1%.
Anche le eruzioni vulcaniche possono avere un effetto sensibile ma temporaneo sul nostro clima. E’ già avvenuto nel corso dei secoli e recentemente riduzioni sensibili ma temporanee della temperatura globale si sono registrate dopo l’eruzione del El Chichon (Messico) nel 1982 e Pinatubo (Filippine) nel 1991.
Il combinato disposto di una variazione nell’emissione solare e di una serie di eruzioni è alla base, secondo i climatologi, della Piccola Glaciazione che ha colpito il mondo e l’Europa in particolare dal 1450 al diciannovesimo secolo. Le cronache del tempo riportano con frequenza il congelamento del Tamigi a Londra, ad esempio.
La sordità della politica e dell’economia ai rischi del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici, sostenuti da settori marginali della comunità scientifica, ci ha probabilmente portati oltre il punto di non ritorno. Nel 2100, cioè tra poco più di 80 anni, ovvero quando i nostri nipoti saranno anziani, il mondo non sarà soltanto un posto molto più caldo, ma sarà caratterizzato da estremi meteorologici che renderanno la vita di miliardi di persone molto difficile.
Gli abitanti delle zone costiere saranno messi a dura prova dall’innalzamento del livello del mare e da fenomeni temporaleschi di straordinaria intensità. Le inondazioni letali diverranno la norma e non l’eccezione. Per contro vaste regioni dell’Africa, dell’Asia e persino del Sud dell’Europa saranno afflitte dalla siccità e conseguentemente da carestia e fame.
Ci sono poi consistenti indizi che la Terra sia già battuta da venti sempre più forti che scorrendo su mari sempre più caldi provocano tempeste ed uragani di straordinaria intensità e frequenza. L’ultimo Report, reso noto in questo mese di ottobre, dall’Intergovernamental Panel of Climate Change (IPCC) lancia l’ennesimo grido d’allarme sullo stato del mondo rispetto al global warming. Il rapporto evidenzia come ridurre ad 1,5° (invece dei 2° tendenziali) l’aumento del riscaldamento globale previsto nei prossimi anni potrebbe perlomeno mitigare l’impatto negativo dei cambiamenti climatici. Un esempio fra tutti, con un aumento di 1,5° la barriera corallina diminuirebbe tra il 70 ed il 90%, con un aumento di 2° sarebbe totalmente e definitivamente distrutta. Purtroppo limitare il riscaldamento globale ad 1,5° è possibile per le leggi della fisica e della chimica ma esigerebbe interventi tempestivi e straordinari che non paiono all’ordine del giorno.
Attenzione a non incorrere in un facile errore, 1,5 o 2 gradi di temperatura possono sembrare poca cosa, ma la differenza tra una piena Era Glaciale e la temperatura odierna sta tutta in un range di 4 o 5 gradi della temperatura media della Terra!
Le conseguenze drammatiche che ci vedono già involontari protagonisti sono amplificate dalla velocità del cambiamento climatico, in pochi secoli stiamo modificando l’andamento del clima terrestre che prima evolveva lungo migliaia o decine di migliaia di anni. Inoltre questi sconvolgimenti climatici cadono su una Terra sovrappopolata, sei miliardi e mezzo di persone rendono questo scenario molto più pericoloso.
Nel corso dell’ultimo secolo i ghiacciai si sono significativamente ritirati ed anche lo strato di neve che ricopre le montagne è fortemente diminuito, la prima conseguenza è un progressivo e costante innalzamento del livello dei mari con tutto ciò che ne consegue. Nel XX secolo il livello globale delle acque è cresciuto tra i 20 ed i 30 centimetri e nel 2100 gli studi più pessimistici prospettano un aumento di circa 80 centimetri.
Un innalzamento di un metro farebbe sparire dalla faccia della Terra le Maldive ed il loro meraviglioso habitat. L’inondazione delle coste aumenterà anche grazie alla virulenza delle tempeste e nel 2080 interesserà drammaticamente oltre 200 milioni di persone.
L’incremento delle temperatura non agisce ovviamente soltanto sui mari, ma è già in corso un progressivo scongelamento nelle latitudini più alte del permafrost minacciando villaggi, città e centri turistici. Soltanto nel primo anno del nuovo millennio (2001) oltre 200 milioni di persone sono state colpiti da disastri naturali di ragguardevoli proporzioni e quasi 18 anni dopo la situazione è ulteriormente e decisamente peggiorata.
Insomma stiamo ballando pericolosamente sulla cima di un burrone in fondo al quale gran parte della popolazione mondiale potrebbe pagare un conto salatissimo alla miopia dei politici ed alle logiche di un’economia che non intende rinunciare a facili profitti, anche a costo di innescare una spirale che potrebbe portare se non all’estinzione della specie umana ad un futuro drammatico come quello che ispira certi film post apocalittici.