sabato, Luglio 27

Gli U-Boote davanti a New York

Con l’attacco giapponese a Pearl Harbor, anche Germania ed Italia dichiararono guerra agli Stati Uniti. L’11 settembre 1941 con la formale entrata in guerra delle forze dell’Asse, Hitler eliminò le restrizioni sulle regole d’ingaggio che fino ad allora avevano limitato le operazioni nell’Atlantico dei sommergibili tedeschi.
Il 3 gennaio 1942 alla Grande Cancelleria di Berlino il Fuhrer, alla presenza del Reichsmarschall Goring e del Ministro degli Esteri Von Ribbentrop riceve l’ambasciatore del Giappone Oshima per un’importante riunione.
Hitler annuncia al compiaciuto diplomatico nipponico la sua intenzione di sguinzagliare gli U-Boote davanti alle coste americane che giudica, non del tutto a torto, impreparate ad un’attacco in casa loro.
In particolare Hitler nel summit espone un’agghiacciante strategia la Kriegsmarine non deve limitarsi ad affondare più naviglio mercantile possibile ma trucidare in mare i naufraghi delle navi assaltate. La merce più preziosa, chiosa ineffabile Hitler, è il capitale umano, ovvero la difficoltà di rimpiazzare marinai esperti ed addestrati in tempi brevi.
“L’approvo di tutto cuore, noi giapponesi siamo costretti ad applicare gli stessi metodi” fu la risposta di Oshima.
Sarà però soltanto nel corso della messa a punto dell’operazione Paukenschlag (Colpo di timpani) che Hitler, prevenendo una reazione negativa del comandante della Marina Reader ne parlerà con il comandante dei sommergibili Doenitz che gli forni’ una risposta ambigua.
Il piano d’attacco alle coste americane era già messo a punto e prevedeva la traversata dell’Oceano Atlantico con una “muta” di U-Boot di tipo IX. Questi, grazie ad una maggiore capienza dei serbatoi rispetto ai sommergibili di tipo VII, avevano una autonomia che variava dalle 8.000 miglia per il tipo IX-B, alle 13.000 miglia per il tipo IX-C, ed erano quindi in grado di percorrere la distanza che separava le basi della costa francese dagli obiettivi lungo le coste del nord America, distanti dalle 2.200 alle 3.000 miglia.

Durante il prosieguo di questa seconda fase della battaglia dell’Atlantico il problema dei rifornimenti di carburante, viveri e munizioni fu aggirato con l’entrata in servizio di navi e sommergibili all’uopo predisposti e che furono rapidamente soprannominati “mucche da latte”. Questo permetteva non soltanto un range d’azione molto più grande ma un periodo di missione praticamente indefinito.
Certo a bordo degli U-Boote la vita dell’equipaggio era molto dura. L’aria quasi irrespirabile, il cibo pessimo, lo spazio angusto. Per far posto ai siluri gli alloggiamenti erano stati ulteriormente ridotti e si doveva dormire a turni essendoci due cuccette ogni tre marinai.
Tra il 18 ed il 28 dicembre 1941, la prima “muta” di sommergibili in rotta verso le coste americane lascerà la base operativa di Lorient in Francia, si tratta degli U-66, U-123, U-130, U-129 ed U-105. Prima della partenza i comandanti vengono convocati da Doenitz che disponeva il divieto di attaccare navi al di sotto dell’incrociatore, per quanto riguardava il naviglio da guerra, e mercantili al di sotto delle 10.000 tonnellate di stazza, per il naviglio mercantile. Una volta giunti di fronte alla costa orientale del continente nordamericano, i sommergibili avrebbero dovuto pattugliare zone precise a loro assegnate: l’U-109 nelle vicinanze di Halifax, l’U-130 nelle acque che andavano dalla Nuova Scozia, alla foce del fiume San Lorenzo, l’U-123 e l’U-125 nei pressi del porto di New York e l’U-66 nella zona di Capo Hatteras, all’estremità est della Carolina del Nord, con l’ordine di attaccare qualunque nave si fossero trovati di fronte e sfruttando al massimo le condizioni dello scarso dispositivo difensivo che gli Stati Uniti in quel momento possedevano.
I sommergibili raggiunsero la zona delle operazioni il 10 gennaio del 1942 dopo aver attraversato l’Atlantico economizzando al massimo il carburante, il 13 gennaio, alle ore 0.00 era previsto l’avvio dell’operazione Colpo di Timpani.
Il comandante Hardegen dell’U-123 non attese la data fatidica e già l’11 gennaio colò a picco un mercantile da 10.000 tonnellate, il 13 una vista strabiliante si mostrava agli occhi dell’ufficiale: una New York sfavillante di luci, il porto brulicante di navi che ignare entravano ed uscivano senza sospettare la minaccia in agguato. La muta di U-Boote continuò la caccia fino alla fine del mese ed in totale furono affondate 26 navi; oltre alle 10 mandate a picco dall’U-123 se ne aggiunsero altre 16 così ripartite: 5 da parte dell’U-66 per oltre 33.000 tonnellate, 6 dall’U-130 per circa 37.000 tonnellate, 4 dall’U-109 per circa 25.000 tonnellate ed 1 dall’U-125 per oltre 5.000 tonnellate. Il bottino di tonnellaggio affondato dai cinque sommergibili tedeschi raggiunse quindi la cifra molto elevata di circa 160.000.
La marina statunitense era stata ancora una volta presa totalmente di sorpresa.

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