venerdì, Maggio 3

Le armi dei guerrieri Longobardi

Le cosiddette migrazioni barbariche non riguardavano alcune migliaia di predoni ma interi popoli. I guerrieri erano accompagnati da mogli, bambini, anziani e ingenti salmerie oltre ad armenti e altri animali. Quando nel 568 i Longobardi varcarono le Alpi Giulie e sciamarono di fatto indisturbati nella pianura padana, secondo alcune stime attendibili, erano tra i 150.000 e i 180.000 individui, con al seguito anche contingenti di altre popolazioni come i Sassoni che si erano uniti a loro, durante la loro lunga migrazione dal Nord Europa.

Lo scramasax

I longobardi erano un popolo guerriero che non ebbe difficoltà a conquistare il Nord Italia praticamente indifeso. Ma com’erano armati questi minacciosi guerrieri? Quasi tutti gli uomini abili erano armati fino ai denti. L’arma principale era più che la spada, lo scramasax, un coltellaccio multiuso a filo unico lungo una quarantina di centimetri (ma ne sono stati rinvenuti anche lunghi ottanta) adatto alla caccia e ai combattimenti corpo a corpo e a cavallo. Era portato sospeso alla cintura, sul lato destro del corpo.

Esibire al proprio fianco uno scramasax (come del resto una spada) era probabilmente indicativo dello status di uomo libero (arimanno),[1] giacché solo gli uomini liberi avevano il diritto di girare armati. Lo scramasax veniva portato in un fodero fissato orizzontalmente alla cintura.

Spade e scudi

Gli “arimanni” (dal germanico Heer – esercito e Mann – uomo) così si indicavano, specificamente in ambito longobardo, ogni maschio adulto libero in grado di portare le armi, ammesso per questo a partecipare all’assemblea comunitaria (gairethinx), con ciò facendo coincidere dignità militare e dignità civile, avevano in dotazione anche una spada a doppio taglio, lunga una novantina di centimetri, portata sulla sinistra e fissata alla cintura grazie a un elaborato sistema di sospensione che impediva l’intralcio del passo.

Lo scudo era concavo, tondo, non piatto, di legno di pioppo e ricoperto di cuoio decorato con raffigurazioni di animali o simboli geometrici. Aveva un diametro di circa ottanta centimetri e un umbone centrale di ferro fermato da cinque borchie.

Il popolo delle lance

Molta importanza aveva  anche l’ascia che veniva sia scagliata sia manovrata e la lancia, lunga almeno due metri che aveva anche un grande significato magico-sacrale.

L’assemblea (gairethinx) dei guerrieri, riunitasi per scegliere il re, lo acclamava appunto con le lance alzate. La sua onnipresenza ha fatto ipotizzare che lo stesso nome “longobardi” significhi non già “uomini dalla lunga barba” ma “uomini dalle lunghe lance”, anche se – occorre dirlo – la prima spiegazione è quella generalmente accettata dalla maggioranza degli studiosi.

Archi e protezioni

A livello difensivo i guerrieri longobardi avevano mutuato da altre popolazioni germaniche come gli avari, elmo e corazza a lamelle. Quest’ultima era formata da lamelle di metallo o di cuoio bollito cucite a fasce orizzontali, che la rendevano resistente, adattabile ai movimenti ed estremamente facile da indossare in caso di necessità. Quando non serviva, era arrotolata e appesa alla sella del cavallo.

I longobardi usavano anche l’arco ricurvo che grazie anche all’introduzione della staffe nelle selle diventava un’arma micidiale per le orde barbariche. Anche grazie alla staffa, infatti, la cavalleria, che fino all’Alto Medioevo era stata tutto sommato marginale negli eserciti, divenne invece un reparto cruciale grazie alla sua forza di impatto devastante.

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