Siamo in Africa, e precisamente a Gona in Etiopia seguendo il corso del fiume Awash, 300 km a nord est di Addis Abeba. Qui nel 1997 vengono rinvenuti i manufatti che si ritengono i più antichi della storia dell’umanità. Risalgono a circa 2,6 milioni di anni fa. Si ritiene che questi primi toolmaker (costruttori di attrezzi) siano appartenuti ad una specie primordiale di Homo, che nel 1964 era stata battezzata come Homo habilis.
Questi semplici manufatti rivestono un’importanza cruciale, non soltanto perché spostano di circa 1 milione di anni gli oggetti rinvenuti prima di questa data (e ritenuti fino al 1997 i più antichi) ma anche perché la loro collocazione temperale è inserita in una fase decisiva dell’evoluzione umana.
Infatti tra 3,2 e 2,5 milioni di anni fa un cambiamento climatico globale spinse nella zona della Rift Valley una popolazione di ominidi già bipedi nella savana che aveva preso il posto della foresta e li condizionò ad evolvere strategie di approvvigionamento e consumo diversi per la scimmia che eravamo e che nonostante il bipedismo eravamo ancora.
In particolare la costruzione di quei primi rozzi manufatti si associò ad una dieta sempre più ricca di proteine animali. Probabilmente questi ominidi erano degli “spazzini” di carogne uccise da grandi predatori e non completamente divorate. Questa nuova dieta che integrava ed arricchiva quella tipica dei raccoglitori aveva una positiva influenza nell’evoluzione del tessuto nervoso e quindi nell’encefalizzazione di questi antenati arcaici.
Inoltre questo cambiamento di habitat e di dieta alimentare, associato alla costruzione di primi rudimentali manufatti, avrà conseguenza nel processo adattativo e nella colonizzazione di nuovi territori nel corso dei millenni successivi.