sabato, Luglio 27

I servizi segreti britannici alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale

La reputazione del MI6 era forse, tra tutte le  agenzie di spionaggio del  mondo, la più alta e sebbene Hitler e Mussolini non avessero in grande  considerazione  i soldati inglesi, nutrivano  per  i servizi segreti dell’isola di Albione, la  più profonda ammirazione.
Questa fama affondava nei secoli, fin dal XVI secolo, dove troviamo traccia dell’opera delle spie inglesi in un trattato  storico di Bacone dedicato a Re Edoardo VII.

La figura più leggendaria  è però senz’altro quella di Sir Francis Walsingham (1532-1590), abilissimo organizzatore di  numerose reti di spionaggio che avevano  il compito principale  di difendere il  trono di Elisabetta I Tudor dai nemici esterni  (Spagna) ed  interni.

Durante la Prima Guerra Mondiale lo spionaggio  britannico si era distinto grazie soprattutto ad alcuni brillanti decifratori della Room 40  dell’Ammiragliato  che erano riusciti con le loro intercettazioni a monitorare costantemente gli spostamenti della Flotta tedesca d’Alto Mare, fornendo ai comandanti britannici preziose e continue informazioni al  riguardo.

Per i due  anni successivi all’armistizio del  1918 i servizi segreti inglesi furono impegnati infruttuosamente,  insieme  con quelli americani, nel  tentativo di rovesciare l’esito della  Rivoluzione  sovietica. Questo insuccesso sedimentò  però  all’interno dell’agenzia la convinzione che  l’obiettivo  numero uno dello spionaggio fosse la lotta contro  il comunismo interno ed internazionale.

Nell’intervallo tra le  due guerre però l’MI6 fu oggetto non soltanto di un drastico ridimensionamento dei finanziamenti ma di un disinteresse da parte della politica tale da perdere quasi del tutto ogni reale capacità di analisi,  recupero, intercettazioni delle  informazioni. La cosa paradossale era però che  la profonda decadenza dell’agenzia era avvenuta senza che il  quadro politico interno ed  il resto del mondo ne avesse una reale percezione.

Gli ufficiali superiori del MI6 erano di una modestia sconcertante, spesso provenienti dalle varie polizie coloniali, sembravano partecipare più ad un gioco  di spionaggio che chiamati a  dirigere in modo professionale ed  all’altezza  dei tempi una delle agenzie più  importanti dell’Occidente.

L’MI6 poi manteneva la bizzarra abitudine di pagare il  personale  in contanti ed esentasse, ma con compensi così miseri da scoraggiare le persone  più qualificate ad intraprendere questa carriera. Molti soprattutto tra gli ufficiali di medio ed alto  livello svolgevano quindi un secondo lavoro per  mantenere  il tenore di vita al quale erano abituati, con le immaginabili ripercussioni sull’efficacia del loro  ruolo di agenti segreti.

Anche dopo il 1935 quando gli stanziamenti del MI6 iniziarono di nuovo  a crescere, passando dalle 180.000 sterline annue di quell’anno alle 500.000 del 1939, la frittata era ormai fatta ed  i laureati che accettavano  di lavorare per lo spionaggio britannico  erano pochissimi.

Il  servizio negli  ultimi venti anni era stato  progettato soprattutto per ricevere informazioni più che andare  a procacciarsele e se a questo si aggiunge come  il  contrasto al  comunismo rivoluzionario fosse il principale se non unico vero obiettivo dell’agenzia, si può ben immaginare  la  difficoltà  di ri-orientare il grado di attenzione verso gli aggressivi regimi fascisti e nazisti che stavano per condurre il  mondo sull’orlo  di una  nuova,  devastante guerra.

Finalmente nel 1936 viene costituita la Sezione Z, con l’incarico di monitorare Germania ed Italia.  A capo della Sezione viene messo  il  sessantenne Claude Dansey, un ex soldato, ultra conservatore che amava farsi chiamare  Colonnello Z o anche semplicemente Z  (da qui il nome della sua Sezione), che gonfiò progressivamente fino ad arrivare a circa 200 elementi. Peccato  che si trattassero prevalentemente  di inetti ed impreparati  pensionati come il  barone lituano William De Ropp, che per  circa  un decennio estorse agli inglesi   1.000 sterline l’anno per pettegolezzi sulla politica  tedesca. I nazisti erano ben consapevoli del  ruolo di De Ropp e decidevano loro cosa passare all’attempato aristocratico lituano, finchè questi capì che il gioco  si stava facendo pericoloso e decise di smettere di mungere  l’MI6 e riparare  in Svizzera, nel 1938, per godersi gli ultimi anni di vita.

Dansey era un personaggio  singolare, disprezzava  profondamente gli americani e fece della  Sezione Z, occultata presso alcuni edifici commerciali dello  Strand, un feudo quasi indipendente rispetto al resto dell’Agenzia.

Uno dei pochissimi successi dello spionaggio inglese  in questo  lungo periodo di decadenza si ebbe grazie ad un agente, nome  in codice Barone  che aveva ottimi contatti nella Prussia  Orientale. Nella primavera del  1939 il Barone,  riferisce al suo responsabile ad Helsinki,  Harry Carr che i tedeschi stanno negoziando con Stalin un patto di non aggressione e che  i colloqui facevano buoni progressi.

Naturalmente questa informazione sensazionale  fu accolta con enorme  scetticismo dagli analisti del MI6 che la derubricarono come notizia palesemente falsa, come potevano  nazisti e comunisti, il  diavolo e  l’acqua santa, fare un qualunque tipo di trattato?

La  cosa più paradossale era che fino  a tutto il 1939 l’intera raccolta delle  informazioni dei servizi segreti si basava su  humint  (human intelligence,  ovvero la  raccolta di informazioni fatta persone) e ciò nonostante era  profondamente diffuso uno scetticismo sulla qualità e la fondatezza  delle informazioni raccolte e degli agenti operativi.

Questo era, in sintesi,  lo stato della  tanto celebrata agenzia di spionaggio inglese,  l’MI6, a poche settimane dallo scoppio della  guerra. 

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