
La reputazione del MI6 era forse, tra tutte le agenzie di spionaggio del mondo, la più alta e sebbene Hitler e Mussolini non avessero in grande considerazione i soldati inglesi, nutrivano per i servizi segreti dell’isola di Albione, la più profonda ammirazione.
Questa fama affondava nei secoli, fin dal XVI secolo, dove troviamo traccia dell’opera delle spie inglesi in un trattato storico di Bacone dedicato a Re Edoardo VII.
La figura più leggendaria è però senz’altro quella di Sir Francis Walsingham (1532-1590), abilissimo organizzatore di numerose reti di spionaggio che avevano il compito principale di difendere il trono di Elisabetta I Tudor dai nemici esterni (Spagna) ed interni.
Durante la Prima Guerra Mondiale lo spionaggio britannico si era distinto grazie soprattutto ad alcuni brillanti decifratori della Room 40 dell’Ammiragliato che erano riusciti con le loro intercettazioni a monitorare costantemente gli spostamenti della Flotta tedesca d’Alto Mare, fornendo ai comandanti britannici preziose e continue informazioni al riguardo.
Per i due anni successivi all’armistizio del 1918 i servizi segreti inglesi furono impegnati infruttuosamente, insieme con quelli americani, nel tentativo di rovesciare l’esito della Rivoluzione sovietica. Questo insuccesso sedimentò però all’interno dell’agenzia la convinzione che l’obiettivo numero uno dello spionaggio fosse la lotta contro il comunismo interno ed internazionale.
Nell’intervallo tra le due guerre però l’MI6 fu oggetto non soltanto di un drastico ridimensionamento dei finanziamenti ma di un disinteresse da parte della politica tale da perdere quasi del tutto ogni reale capacità di analisi, recupero, intercettazioni delle informazioni. La cosa paradossale era però che la profonda decadenza dell’agenzia era avvenuta senza che il quadro politico interno ed il resto del mondo ne avesse una reale percezione.
Gli ufficiali superiori del MI6 erano di una modestia sconcertante, spesso provenienti dalle varie polizie coloniali, sembravano partecipare più ad un gioco di spionaggio che chiamati a dirigere in modo professionale ed all’altezza dei tempi una delle agenzie più importanti dell’Occidente.
L’MI6 poi manteneva la bizzarra abitudine di pagare il personale in contanti ed esentasse, ma con compensi così miseri da scoraggiare le persone più qualificate ad intraprendere questa carriera. Molti soprattutto tra gli ufficiali di medio ed alto livello svolgevano quindi un secondo lavoro per mantenere il tenore di vita al quale erano abituati, con le immaginabili ripercussioni sull’efficacia del loro ruolo di agenti segreti.
Anche dopo il 1935 quando gli stanziamenti del MI6 iniziarono di nuovo a crescere, passando dalle 180.000 sterline annue di quell’anno alle 500.000 del 1939, la frittata era ormai fatta ed i laureati che accettavano di lavorare per lo spionaggio britannico erano pochissimi.
Il servizio negli ultimi venti anni era stato progettato soprattutto per ricevere informazioni più che andare a procacciarsele e se a questo si aggiunge come il contrasto al comunismo rivoluzionario fosse il principale se non unico vero obiettivo dell’agenzia, si può ben immaginare la difficoltà di ri-orientare il grado di attenzione verso gli aggressivi regimi fascisti e nazisti che stavano per condurre il mondo sull’orlo di una nuova, devastante guerra.
Finalmente nel 1936 viene costituita la Sezione Z, con l’incarico di monitorare Germania ed Italia. A capo della Sezione viene messo il sessantenne Claude Dansey, un ex soldato, ultra conservatore che amava farsi chiamare Colonnello Z o anche semplicemente Z (da qui il nome della sua Sezione), che gonfiò progressivamente fino ad arrivare a circa 200 elementi. Peccato che si trattassero prevalentemente di inetti ed impreparati pensionati come il barone lituano William De Ropp, che per circa un decennio estorse agli inglesi 1.000 sterline l’anno per pettegolezzi sulla politica tedesca. I nazisti erano ben consapevoli del ruolo di De Ropp e decidevano loro cosa passare all’attempato aristocratico lituano, finchè questi capì che il gioco si stava facendo pericoloso e decise di smettere di mungere l’MI6 e riparare in Svizzera, nel 1938, per godersi gli ultimi anni di vita.
Dansey era un personaggio singolare, disprezzava profondamente gli americani e fece della Sezione Z, occultata presso alcuni edifici commerciali dello Strand, un feudo quasi indipendente rispetto al resto dell’Agenzia.
Uno dei pochissimi successi dello spionaggio inglese in questo lungo periodo di decadenza si ebbe grazie ad un agente, nome in codice Barone che aveva ottimi contatti nella Prussia Orientale. Nella primavera del 1939 il Barone, riferisce al suo responsabile ad Helsinki, Harry Carr che i tedeschi stanno negoziando con Stalin un patto di non aggressione e che i colloqui facevano buoni progressi.
Naturalmente questa informazione sensazionale fu accolta con enorme scetticismo dagli analisti del MI6 che la derubricarono come notizia palesemente falsa, come potevano nazisti e comunisti, il diavolo e l’acqua santa, fare un qualunque tipo di trattato?
La cosa più paradossale era che fino a tutto il 1939 l’intera raccolta delle informazioni dei servizi segreti si basava su humint (human intelligence, ovvero la raccolta di informazioni fatta persone) e ciò nonostante era profondamente diffuso uno scetticismo sulla qualità e la fondatezza delle informazioni raccolte e degli agenti operativi.
Questo era, in sintesi, lo stato della tanto celebrata agenzia di spionaggio inglese, l’MI6, a poche settimane dallo scoppio della guerra.