sabato, Dicembre 14

Il domani che verrà: Il futuro digitale – Ep. 2

Le statistiche dell’ONU ci dicono che oltre la metà della popolazione mondiale vive nelle città, ma cosa ci accomuna con gli abitanti delle zone rurali sub sahariane o con le popolazioni nomadi della Mongolia? La risposta è semplice e sotto i nostri occhi: le reti telefoniche.

Attualmente due persone su tre del nostro pianeta (neonati ed ultraottantenni compresi) possiedono un telefono cellulare. L’accesso ad Internet, invece, non sta ancora diffondendosi alla stessa velocità delle reti telefoniche. Esiste un divario tra i paesi sviluppati, dove 4 famiglie su 5, possiede l’accesso al web ed i paesi meno sviluppati, dove questo dato crolla ad 1 famiglia su 10.

Il digital divide, ovvero il divario digitale, attraversa però anche segmenti di popolazione dei paesi più sviluppati, un dato fra tutti, nel 2016, nel Regno Unito ben il 99% delle persone tra i 16 ed i 24 anni avevano dichiarato di aver utilizzato internet almeno una volta negli ultimi tre mesi. Analizzando invece un campione di ultra sessantacinquenni questo dato scendeva al 39%.

Lo sviluppo tecnologico con strumenti quali smartphone e tablet si è orientato sempre di più nell’ottica del “perennemente connesso”. Ognuno di noi rischia o vuole essere costantemente “online”. Una ricerca del 2011, sempre nel Regno Unito, evidenziava come la stragrande maggioranza della generazione Z, ovvero coloro che sono nati negli anni Novanta dello scorso secolo, si sente molto più felice quando è “connesso”.

Un’estrapolazione delle tendenze in atto fanno prevedere che per la fine del prossimo decennio, tre quarti del mondo avrà uno smartphone e sarà potenzialmente connesso in ogni istante della propria vita. Questa tecnologia avrà comunque una diversa ricaduta tra un pastore africano ed un broker londinese o di Francoforte.

Un mondo sempre più info-connesso è soltanto uno degli aspetti di un’interdipendenza che investe campi quali la finanza, gli scambi commerciali, la privacy etc. Occorre infatti sottolineare come interconnessione non significa automaticamente inclusione. Al contrario assistiamo ad un imbarbarimento del dibattito politico sulla rete con la prevalenza di posizione estremiste e la difficoltà di aprire davvero un dialogo tra visioni diverse della realtà sociale e politica. Ma non sono soltanto i pregiudizi e la disinformazione alcuni dei deprecabili sottoprodotti della società dell’informazione e della comunicazione, il loro attuale sviluppo rischia di produrre un’ampliamento delle disuguaglianze, dovuta anche alla logica del “chi vince prende tutto”.

Un altro elemento che dovremo sempre più tenere in considerazione e che nei prossimi anni il patrimonio più importante di una persona non sarà il suo bagaglio di competenze e conoscenze ma la sua reputazione, soggetta molto più di prima ad attacchi e distorsioni la dove adesso si forma pubblicamente, sotto l’occhio di tutti, il web.

Già adesso società specializzate operano per difendere, ricostruire ed abbellire la reputazione di uomini politici, imprenditori, istituzioni finanziarie, personaggi del mondo dello spettacolo, mentre il comune cittadino è al momento sostanzialmente indifeso.

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