La teoria della relatività generale di Einstein prevedeva la deflessione della luce che viaggia nello spaziotempo curvo. Sarà però merito del burbero Fritz Zwicky (1898-1974) farsi pioniere di uno strumento derivato da questo concetto einsteniano per scandagliare le profondità dell’universo.
Come sappiamo una delle prime prove sperimentali della fondatezza della relatività generale si ottenne con l’eclissi del 1919 grazie alla spedizione dell’astronomo inglese Arthur Eddington.
Nel 1936 Einstein ricevette una lettera da un astronomo dilettante che gli pose questo quesito: se la luce viene deviata da un oggetto massiccio non poteva succedere che la luce di una stella lontana allineata dietro un’altra stella venisse deflessa e per l’effetto lente si presentasse come un alone brillante intorno alla stella in primo piano nel cielo?
Einstein comprese subito che se le due stelle non fossero state perfettamente allineate la gravità avrebbe prodotto un miraggio cosmico, ovvero una parte della luce sarebbe stata deflessa da un lato della stella e una parte dall’altro lato, formando due immagini gemelle dell’astro più lontano.
Il padre della relatività generale però riteneva che questo fenomeno fosse molto difficile da osservarsi. Non la pensava cosi Henry Norris Russell (1877-1957), astronomo di Princeton, la stessa università dove insegnava Einstein. Questi riteneva a ragione che quando la stella sullo sfondo sarebbe passata dietro la stella che fungeva da lente, la somma della loro luminosità avrebbe prodotto un caratteristico aumento dello splendore risultando cosi ben visibile ai telescopi dell’epoca.
Quando nel 1937 Zwicky venne a conoscenza del lensing gravitazionale lo applicò immediatamente agli ammassi di galassie comprendendo immediatamente che gli ammassi potevano costituire eccellenti lenti gravitazionali.
Questa tecnica ha permesso di indagare gli effetti della materia oscura e di scoprire numerosi esopianeti.