sabato, Luglio 27

Il mistero del tempo

Il tempo è sempre stato un profondo mistero per l’uomo. Celebre è la frase di Sant’Agostino, nelle Confessioni che recita: “Che cosa è dunque il tempo? Se nessuno me ne chiede, lo so bene: ma se volessi darne spiegazione a chi me ne chiede, non lo so”.

E’ le cose nel corso dell’ultimo secolo si sono ancora più complicate, il mistero per certi versi è diventato più fitto.
Non c’è accordo neppure tra gli scienziati, i fisici contemporanei negano per lo più l’effettiva esistenza del tempo, i neurobiologi invece l’affermano.

E come se non ci fosse un tempo, ma molti e diversi modi di percepirlo e misurarlo. Secondo Arnaldo Benini, autore del libro “Neurobiologia del tempo” esistono due tipi di tempo psichico: il tempo della percezione e il tempo percepito.
Già nel XIX secolo, con un celebre esperimento sulle rane si scopri’ che ci vuole un certo tempo perché uno stimolo si propaghi, e quindi venga avvertito.

Il tempo che intercorre tra lo stimolo e la percezione è stato calcolato in circa 27 metri al secondo. Ed a proposito di stranezze negli anni 70 del secolo scorso, alcuni esperimenti effettuati all’Università di San Francisco, dimostrarono che molte delle nostre azioni partono almeno un decimo di secondo prima di averne coscienza e spesso si arriva a più di mezzo secondo. In altre parole prima che il nostro cervello elabori definitivamente, ad esempio, il rischio di un pericolo, parte un’azione riflessa che anticipa fin quasi a mezzo secondo l’input della nostra coscienza.
Inquietante, no? A proposito di fatti inquietanti, la neurobiologia del tempo ci pone di fronte anche ad aspetti della vita quotidiana che diamo per scontati ma che se ci pensiamo bene, sono davvero straordinari.

Uno è l’illusione della simultaneità tra visione e udito. Quando osserviamo le labbra di una persona che ci parla da un certa distanza – anche qualche metro – non avvertiamo il ritardo tra il segnale luminoso, praticamente istantaneo, e il segnale acustico, che arriva dopo parecchi centesimi di secondo. Solo quando la distanza è considerevole si apprezza la differenza di tempo un po come accade ad esempio tra lampo e tuono.

Per i fisici invece il concetto di tempo si è progressivamente sfaldato fino a diventare una vera propria illusione. La crisi del tempo assoluto incomincia nel 1905 con la relatività speciale di Einstein: gli orologi rallentano se viaggiano velocemente, il tempo scorre con un ritmo che dipende dalla velocità del moto relativo, più ci si avvicina alla velocità della luce più si dilata.
Nel 1916 con la relatività generale Einstein dimostra che anche la gravità influisce sullo scorrere del tempo quanto più il campo gravitazionale è intenso tanto più il tempo rallenta.
Il tempo da assoluto diventa quindi locale, legato all’osservatore e comunque non più uguale per tutti.
Non esiste un presente comune a tutto il nostro Universo.

Allo stesso tempo per ciascuno di noi, il tempo ha un senso ben preciso, una direzione unica ed un’unica inevitabile conclusione.

Il mistero è ancora fitto.

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