Il primo cacciatore di fossili

Quando poco prima del Natale 1887, il giovane medico olandese, allora ventinovenne, Marie Eugène François Thomas Dubois, sbarcò a Sumatra, dovette pensare che il clima caldo, umido e piovoso di quell’isola poco si confaceva con il periodo natalizio al quale era abituato nella sua terra natia. Cosa aveva spinto questo giovane e oscuro medico a cambiare vita così radicalmente, trasferendosi all’altro capo del mondo, 10.500 chilometri dall’Olanda, dove era nato e cresciuto?

Lo scopo di questa scelta era la ricerca dei più antichi resti umani presenti sul nostro pianeta. Non sappiamo se Dubois fosse consapevole che egli era il primo uomo ad impegnarsi in una così ardua ricerca di fossili riguardanti i cosiddetti “uomini primitivi“. Non aveva neppure la formazione scientifica giusta, non avendo alcun studio di paleontologia alle spalle e inoltre non aveva alcun indizio concreto che le Indie Orientali olandesi, di cui Sumatra faceva parte, fossero un luogo adatto per la ricerca di resti dei nostri antenati.

Il motivo che aveva guidato Dubois nella scelta di questo luogo era in parte prosaico (gli era stato offerto un posto di lavoro) e in parte basato sulla conformazione fisica del territorio, ricco di grotte e le grotte erano state fino a quel momento i luoghi dove casualmente erano stati scoperti i primi fossili umani.. Quando Dubois sbarcava a Sumatra, l’archivio dei fossili umani era molto esiguo: cinque scheletri incompleti di neandertaliani, parte di una mandibola di provenienza incerta, e i resti di cinque o sei individui risalenti all’era glaciale, ritrovati da poco dagli operai delle ferrovie in una grotta nella località di Cro-Magnon, vicino Les Eyzies in Francia.

Il fossile meglio conservato di un Uomo di Neanderthal era stato scoperto nel 1848 da un gruppo di operai a Gibilterra mentre erano intenti a far brillare delle cariche di esplosivo in una cava. Il reperto dopo essere stato brevemente illustrato in una conferenza scientifica di secondo piano, fu inviato all’Hunterian Museum, dove fu letteralmente dimenticato per più di cinquant’anni. Questa incredibile sbadataggine permise ai ritrovamenti effettuati nel 1856 presso la valle di Nenader in Germania, di “rubare” la scena di quella scoperta e di far apporre il nome di Uomo di Neanderthal a quei primi resti ominidi.

Ma torniamo al nostro Dubois, che forte della collaborazione con le autorità coloniali olandesi impiantò degli scavi utilizzando come manodopera, una cinquantina di forzati. Per un anno scavarono a Sumatra, poi si trasferirono a Giava. Lì, nel 1891, Dubois – o meglio i suoi uomini, giacché Dubois raramente visitava i siti – trovò un antico cranio umano, oggi noto come calotta di Trinil. I resti comprendevano una calotta cranica decisamente non umana ma capace di contenere un cervello molto più grande di qualunque scimmia antropomorfa conosciuta, un femore ed alcuni denti.

Dubois lo chiamò Anthropithecus erectus, in seguito ribattezzato come Pithecanthropus erectus. Il medico olandese era convinto che si trattasse dell’anello mancante tra la scimmia e l’uomo. In breve quei resti divennero famosi come l’Uomo di Giava. Fu proprio grazie alla particolare conformazione di quell’unico femore che Dubois si convinse che quell’antenato dell’uomo, camminasse in posizione eretta. Questa scoperta definì quell’ominide come Homo erectus.

Nel 1895, otto anni dopo la sua partenza, Dubois tornò in Europa ma le sue scoperte furono accolte molto freddamente da una parte consistente della comunità scientifica, forse anche per i modi arroganti con cui il nostro Dubois esponeva i risultati conseguiti. Deluso nel 1897 Dubois permise a uno stimato anatomista dell’università di Strasburgo, Gustav Schwalbe, di prendere un calco della calotta cranica. Schwalbe scrisse una monografia e tenne una serie di conferenze accolte molto positivamente dagli scienziati, tanto che sembrava che fosse stato lui lo scopritore di quei preziosissimi fossili.

Profondamente amareggiato Dubois accettò una cattedra di geologia presso l’Università di Amsterdam e per i successivi venti anni non permise più a nessuno di studiare i fossili da lui scoperti. Morirà, pieno di amarezza e risentimento per il trattamento subito nel 1940, alle soglie della seconda guerra mondiale, all’età di 82 anni.

Fonti:

Alcune voci di Wikipedia

Bryson, Bill. Breve storia di (quasi) tutto

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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