sabato, Luglio 27

Il Santo Graal della fisica teorica

 

Combinando le equazioni della relatività generale con quelle della meccanica quantistica  per descrivere un fenomeno il risultato dei calcoli è quasi sempre:  infinito.

Un   risultato assurdo che non ci permette di misurare alcunché, un risultato che quasi  sempre non ha alcun significato. Un risultato però che ha l’unico pregio di dimostrare come le due più importanti teorie della fisica della storia dell’umanità (almeno fino ad oggi) non sono in grado di lavorare insieme.

Contrariamente al rapporto tra relatività ristretta e meccanica quantistica  che pur bisognoso di ulteriori affinamenti in molti ambiti funziona benissimo, la relazione tra relatività  generale e meccanica quantistica è esplosiva e fonte di numerosi problemi teorici insoluti.

Cento anni di osservazioni  hanno confermato che  la  relatività generale  se  applicata su grandi scale (galassie, stelle,  nebulose etc.) fornisce risultati di grandissima precisione in accordo con la teoria, per quasi altrettanto tempo innumerevoli sperimentazioni ci confermano dei grandissimi successi della meccanica quantistica nel mondo microscopico.

Per molto tempo, una parte importante della  comunità  scientifica ha continuato ad applicare in modo separato questi due pilastri teorici della fisica con eccezionali risultati non preoccupandosi più di tanto di questa incompatibilità.

Altri, ad iniziare da Einstein si sono cimentati nell’impresa di delineare una teoria in grado  di unificare e far lavorare insieme relatività generale e meccanica quantistica. I motivi per cui questa ricerca è necessaria e nel  corso del tempo  ha interessato sempre più ricercatori sono molteplici e spaziano da considerazioni filosofiche ad aspetti squisitamente fisici.

Facciamo un solo esempio: i buchi neri. Secondo la relatività generale tutta la materia di questi mostri cosmici è concentrato in un unico piccolissimo  punto al suo  centro, il che rende questo  luogo, allo stesso tempo, incredibilmente pesante ed infinitamente piccolo.

Siamo quindi nel pieno dell’applicabilità  di entrambe le  teorie, l’enorme massa sviluppa un immenso campo gravitazionale e quindi siamo sotto la relatività generale, ma allo stesso tempo il piccolissimo punto dello  spazio che costituisce il buco nero lo mette anche sotto il cappello della meccanica  quantistica.

Abbiamo  però visto che combinando i calcoli otteniamo risultati insensati ed è anche per questo che non riusciamo ancora a predire con credibile esattezza cosa c’è dentro  un buco nero.

Ma c’è di più e riguarda direttamente la nascita dello spazio e del tempo nel nostro universo. Immaginiamo di poter proiettare  il  film della  nascita dell’universo all’indietro, fotogramma dopo fotogramma.

Il  nostro universo visibile si rimpicciolirà progressivamente, arriverà alle dimensioni del Sole,  e  poi di un pallone da calcio, quindi di un pisello ed a seguire di un granello di sabbia, fino ad arrivare ad una dimensione pari, all’incirca, alla lunghezza di Planck, ovvero un  milionesimo di miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di centimetro sotto il quale relatività  generale e meccanica  quantistica entrano  in conflitto, impedendoci di squarciare  l’ultimo (?) velo della nascita dell’universo.

Per questo e per molto altro ancora negli ultimi decenni si sono intensificate le ricerche  del  Santo Graal della fisica, quella  teoria capace di armonizzare relatività generale e meccanica quantistica.

Nei prossimi post esploreremo alcune di queste teorie a partire da una che ha riscosso un importante successo la teoria delle stringhe ed i suoi…derivati.

 

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