Nel post precedente La fisica della musica abbiamo descritto sommariamente come si propagano le onde sonore sulla Terra. Cosa succederebbe se in una prossima missione spaziale portassimo un pianoforte sulla superficie lunare ed uno degli astronauti si accingesse a suonare, ad esempio la Sonata per pianoforte n. 2 di Beethoven?
Non succederebbe assolutamente niente. Il nostro satellite è privo di atmosfera e quindi non avvertiremmo alcuna melodia.
Ma allora se il vuoto dello spazio non ci permette di ascoltare alcun suono questo significa che le esplosioni stellari, le collisioni tra galassie ed addirittura lo stesso Big Bang sono avvenute in un surreale silenzio?
Le cose non stanno esattamente così. Anche se lo spazio interstellare e quello intergalattico rappresentano quanto di più vicino al vuoto assoluto, in realtà una parte significativa della materia ordinaria è costituita dal cosiddetto plasma ovvero gas ionizzati di diversa densità. Nel nostro Sistema Solare il plasma è prodotto dalla nostra stella, diffuso in ogni direzione e prende il nome di vento solare.
Il plasma si trova anche fra le singole stelle e fra le galassie e viene definito, rispettivamente mezzo interstellare o mezzo intergalattico. Secondo gli astrofisici il 99,9% della materia osservabile è costituita da plasma.
Pertanto dove c’è materia c’è la possibilità di produrre onde di pressione e conseguentemente onde sonore. Il fatto è che queste onde sonore provocate dai cataclismi cosmici avvengono su frequenze che le nostre orecchie non sono in grado di percepire.
L’astronomo Mark Whittle si è divertito a produrre una simulazione dell’acustica del Big Bang aumentando artificialmente il rumore dell’Universo primordiale di 50 ottave per consentirci di sentire il suono che ha originato il tutto.