sabato, Luglio 27

La colonizzazione delle Americhe

Quando Cristoforo Colombo, dopo un periglioso viaggio, sbarca a San Salvador il 3 agosto del 1492 le Americhe sono già abitate da molti millenni. Gli indios come erroneamente Colombo battezza i nativi americani sono i discendenti delle migrazioni, che dal nord dell’Asia, si erano succedute tra i 23.000 e i 15.000 anni prima di Cristo.
I primi gruppi di cacciatori-raccoglitori che colonizzeranno il nuovo continente (o secondo una scuola di pensiero i due continenti America del Nord e America del Sud) vivevano nelle propaggini siberiane nord orientali, intorno al fiume Jana. Il bacino di questo fiume è uno dei luoghi più freddi, inospitali ed estremi di tutto il pianeta, ancora oggi, nel cuore dell’inverno le temperature possono sfiorare i -60° sotto zero! Eppure come provano alcuni ritrovamenti di manufatti scoperti nel 1993, in particolare utensili fatti con corni di rinoceronte lanoso (un animale ormai da millenni estinto) in questa landa desolata e glaciale vivevano i nostri antenati, arrivati fin laggiù dall’Africa dopo millenni di migrazioni.
La datazione dei manufatti ritrovati ci dice che gli uomini che vivevano lungo il fiume Jana devono essere collocati intorno ai 27.000 anni prima di Cristo. Già allora, esseri umani, con una tecnologia rudimentale erano in grado di sopravvivere in terre, oltre il circolo polare artico, che non è esagerato definire estreme.
Il passaggio e la conseguente colonizzazione delle Americhe inizia da questa regione approfittando del fatto che fino a 12.500 anni prima di Cristo il continente asiatico e quello americano non erano divisi dallo stretto di Bering, ma una sterminata e fredda regione, la Beringia, in gran parte ghiacciata o ricoperta dalla tundra, larga quasi 1.000 chilometri univa le due masse continentali.
Da li sono passati i piccoli gruppi di cacciatori-raccoglitori che però per alcuni millenni rimarranno bloccati dall’immenso ghiacciaio che copriva tutto l’odierno Canada ed il nord degli Stati Uniti, soltanto successivamente un parziale scioglimento di questa massa aprirà due rotte principali alla colonizzazione delle Americhe, la prima che segue la costa e successivamente una seconda più interna.
Per alcuni anni è stato avanzato l’ipotesi che questa non fosse la migrazione principale ma che addirittura alcuni millenni prima, dall’Europa, approfittando della massima glaciazione, alcuni cacciatori, seguendo una rotta ghiacciata dall’estremo nord del vecchio continente avessero raggiunto l’America, importando la cosiddetta cultura di Clovis. Questi primi colonizzatori si sarebbero poi estinti con l’arrivo della migrazione asiatica.
Questa teoria è stata poi successivamente smentita grazie ad analisi del DNA. Subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale emerse un’altra suggestione su una possibile migrazione dalle isole polinesiane alle coste americane antecedente al passaggio attraverso la Beringia. Questa teoria si deve all’impresa dell’esploratore, archeologo e scrittore norvegese Thor Heyerdahl, che nel 1947 a bordo di una zattera costruita utilizzando materiali, metodi e tecnologie di tipo preistorico, battezzata Kon Tiki effettuò con successo la traversata dal Sud America alla Polinesia. Naturalmente il fatto che una traversata del genere sia avvenuta con successo nel 1947 non significa che sia avvenuta effettivamente 20.000 anni prima di Cristo ed al momento non esistono altre prove che ne dimostrino la fondatezza.
Le migrazioni verso l’America non si sono però concentrate e definite esclusivamente nella finestra temporale (23.000-15.000 a.C.), almeno un’altra, molto recente, circa 1.000 anni prima di Cristo è comprovata scientificamente, quella degli Inuit, i moderni Eschimesi che hanno soppiantato le popolazioni paleo-eschimesi che vivevano nella stessa area geografica.
Insomma ricostruire i percorsi migrativi non è cosa semplice, anche se le analisi e gli strumenti ad iniziare dalla ricostruzione dei genomi si sono estremamente raffinati, quello però che sappiamo è che l’uomo, prima certamente per necessità e successivamente anche per curiosità, ha nel suo dna antropologico l’aspirazione a migrare, cercare nuovi territori,nuovi spazi, per parafrasare una celere serie tv, andare la, dove nessuno è mai giunto prima.

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