Da ottanta anni fisici ed astrofisici si arrovellano intorno ad uno dei più grandi misteri dell’Universo: la materia oscura.
Come si è arrivati a dare per certo la presenza di questo tipo di materia che non riusciamo a vedere e che non è formata dalla particelle che caratterizzano la materia ordinaria?
Dobbiamo partire dalla teoria gravitazionale di Einstein e dal suo funzionamento quando viene proiettata a livello di una galassia od addirittura di ammassi di galassie.
La velocità di rotazione di qualunque stella all’interno di una galassia non è mai casuale. Stelle che ruotassero troppo velocemente sarebbero scaraventate fuori dalla Galassia per vagare negli sterminati spazi intergalattici. Contrariamente stelle che ruotassero troppo lentamente collasserebbero vero il nucleo galattico dove sarebbero distrutte dal buco nero supermassiccio che presidia il centro di tutte le galassie, compresa la nostra, la Via Lattea.
Occorre quindi una velocità giusta per mantenerle stabili nella loro posizione all’interno della galassia. La domanda che ci si pose quindi era se la teoria delle curve dello spaziotempo di Einstein funzionasse anche a livello delle galassie.
Se misuriamo la velocità delle stelle della nostra galassia, ad esempio, notiamo che quelle più lontane dal centro galattico hanno una velocità più lenta, mentre quelle più prossime al nucleo centrale della galassia vanno più velocemente.
Per fare un esempio, una delle stelle più periferiche della Via Lattea impiega 250 milioni di anni terrestri ad effettuare una rotazione completa intorno al centro galattico. Il sole, che si trova un po’ più all’interno, impiega 225 milioni di anni per compiere un giro intorno al nucleo centrale della galassia.
Una rotazione completa viene definita dagli astronomi come anno galattico. Un anno galattico fa, i dinosauri popolavano ancora la Terra ed avevano un’aspettativa di sopravvivenza di altri 160 milioni di anni.
Ma il mistero dov’è in tutta questa storia? Dobbiamo aspettare gli anni Trenta dello scorso secolo ed uno dei più brillanti astronomi di tutti i tempi, Jan Oort (1900-1992) che studiando i movimenti delle stelle e le loro velocità all’interno della Via Lattea decise di stimare la quantità di materia presente nella nostra galassia.
Confrontò questo dato con le velocità delle stelle osservate per verificare che fossero quelle previste dalla teoria della relatività affinchè non collassassero verso il centro galattico o venissero espulse dalla stessa.
Ebbene queste velocità non concordavano con quelle che la teoria prevedeva. Calcolando la materia di ogni stella, pianeta e gas interstellare non c’é ne era abbastanza per impedire l’espulsione delle stelle.
E non ne mancava poca: secondo i calcoli di Oort avrebbe dovuto esserci almeno cinque volte la materia presente (e visibile). Oort era uno scienziato famoso ed affidabile, dobbiamo a lui la conferma che il Sole non era al centro della Via Lattea, la Nube di Oort un inviluppo sferoidale, costituito da una miriade di piccoli corpi planetari ghiacciati, e situato tra 20.000 e 100.000 Unità Astronomiche dal Sole e la costante di Oort per la struttura galattica.
Nonostante questo l’ipotesi che suggerì per spiegare questa clamorosa incongruenza scandalizzò l’ambiente scientifico. Oort asserì che un tipo sconosciuto di materia era presente all’interno della Via Lattea (e delle altre galassie) che non vedevamo perché non reagiva con la luce e quindi invisibile ai telescopi. Chiamò questa materia, materia oscura ed affermò che pur non essendo in grado di vederla essa agiva sullo spaziotempo, come la materia ordinaria, curvandolo.
Ed ovviamente non era costituita dalle stesse particelle della materia visibile altrimenti saremmo stati in grado di osservarla.
Un anno dopo nel 1933 l’astronomo svizzero Fritz Zwicky confermò che gli effetti previsti dalla presenza della materia oscura valevano anche per il moto tra galassie.
Da allora sono passati 80 anni e non è emersa nessuna valida spiegazione alternativa all’esistenza della materia oscura, ma di questa sfuggente materia che permea tutto il nostro universo compresa la stanza nella quale sono in questo momento, non sappiamo ancora niente.