lunedì, Ottobre 14

La fine dell’Impero coloniale italiano – Episodio 1

L’Africa Orientale Italiana aveva scarse possibilità di sopravvivere ad un conflitto generalizzato e di questo erano ben coscienti anche i vertici più illuminati dell’Esercito Italiano. Lontano dalla madrepatria, isolato in una zona circondata da possedimenti britannici, impossibilitato a ricevere rifornimenti e rinforzi dall’Italia, l’Impero si reggeva su un equilibrio precario che lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale avrebbe fatto saltare.
Fin dal 1937 le cose erano piuttosto chiare, una lettera di Mussolini a Graziani non lasciava spazio a dubbi, in sostanza il Duce scriveva al suo generale, che in caso di guerra, come l’Italia non avrebbe chiesto niente all’Impero, così l’Impero non avrebbe dovuto chiedere niente alla madrepatria.
Ancora quando in Europa la situazione sta precipitando sotto le invasioni della Germania nazista, il Capo di Stato Maggiore Badoglio scrive al Vice Re Amedeo d’Aosta, chiedendo che in caso di isolamento dalla madrepatria, l’Impero avrebbe dovuto limitarsi ad azioni militari difensive, cercando di mantenere per quanto possibile l’integrità territoriale e limitando soltanto a fasi di studio ed analisi eventuali azioni offensive. Questa direttiva dimostra la perfetta consapevolezza dei limiti e della problematicità della situazione dell’Africa Orientale Italiana.
Le cose cambiano quando Mussolini spiazzato delle iniziali vittorie tedesche è convinto che deve fare la sua parte e presentarsi con un pugno di morti all’imminente conclusione della guerra lampo.
In ossequio a questa richiesta che giunge anche all’Impero, il Duca Amedeo d’Aosta attacca e conquista a nord Cassala, Kurmak e Gallabat, mentre a sud Moiale ed il saliente di Mandela, ad est la Somalia britannica da dove gli inglesi si ritirano praticamente senza combattere.
I tedeschi non vincono la guerra lampo e la situazione dell’Impero dopo le prime, illusorie vittorie inizia a diventare drammatica. Gli inglesi si riorganizzano in Kenya ed in Sudan, grazie anche ai cospicui rinforzi e rifornimenti che ricevono dall’immenso impero di Sua Maestà britannica e perfino dagli Stati Uniti. Inoltre i gruppi guerriglieri abissini rintanati nelle montagne iniziano a fiutare che il vento sta cambiando ed diverranno una spina nel fianco all’interno dell’AOI.
Dall’altra parte gli italiani pur potendo contare su un buon numero di uomini sono in una condizioni disperata in quanto a cannoni, automezzi e munizioni.
Al comando del Vice Re Amedeo d’Aosta ci sono 92.000 soldati inquadrati nella Divisione Granatieri di Savoia schierati a protezione della regione di Addis Abeba e circa 80 battaglioni di Camice Nere che presidiano i confini. A questa forze si aggiungono circa 200.000 truppe indigene, lealissime verso l’Impero, costituite soprattutto da ascari eritrei e dubat somali. Questi soldati coraggiosissimi sono però fortemente inadatti a compiti difensivi essendo orientati soprattutto a compiti di incursioni e razzia. Il punto dolente però è costituito dagli armamenti, l’esercito regio può contare su meno di 1.000 pezzi di artiglieria invecchiata, una sessantina di carri armati medi e leggeri e non più di 240 aerei in condizione di efficienza per  essere operativi.
Le scorte di carburante e di gomme sono limitatissime tanto da rendere problematica la movimentazione dei circa 6200 autocarri e veicoli a disposizione delle forze italiane.
I confini da difendere contro gli inglesi sono lunghissimi, circa 8700 chilometri, senza contare il fronte interno contro i guerriglieri che si battono per il ritorno del Negus Hailè Selassie.
La logica vorrebbe che di fronte all’attacco britannico si dia il via ad un’ordinata e dignitosa ritirata, abbandonando la logica di difendere i confini, in modo da costituire una ridotta centrale dove attestarsi e resistere, potendo godere di linee di rifornimento e di movimento truppe, accorciate e più sicure.
Assurdamente si decide invece di difendere i confini diluendo le truppe a disposizione e con linee di rifornimento lunghissime e scarsamente presidiate, proprio mentre gli inglesi ammassano due potenti eserciti, uno lungo la frontiera settentrionale del Sudan e l’altro in quella meridionale del Kenya.
L?armata del Nord formata da inglesi,indiani ed indigeni è al comando del generale Platt detto il “kaid”. L’armata del Sud al comando del generale Cunningham è costituita da bianchi sudafricani e da truppe indigene.
L’inizio della fine è prossimo.

….continua…

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