
Le parole magiche per comprendere la fisica che sta dietro ogni performance di violino sono: risonanza ed armonica. In fisica la risonanza è la tendenza di qualcosa (nel nostro caso un violino) a vibrare in modo più intenso ad alcune frequenze rispetto ad altre, dette frequenze di risonanza o frequenze naturali.
La frequenza di risonanza più bassa è chiamata prima armonica. Il suono di un violino (ma anche di un violoncello, di una chitarra o di un’arpa) dipende da tre fattori: la sua lunghezza, la sua tensione e il suo peso.
Tanto più una stringa è lunga e pesante, tanto è meno tesa, e tanto più bassa sarà la nota suonata e, ovviamente, viceversa. Ecco perché ogni violinista che riprenda in mano il suo strumento dopo qualche tempo di inattività si preoccupa di regolare la tensione delle corde in modo da emettere la giusta frequenza e quindi le giuste note.
La magia avviene quando un violinista strofina con il suo archetto le corde del violino impartendo una certa energia, con questo gesto seleziona tra tutte le frequenze possibili soltanto le frequenze di risonanza facendole vibrare simultaneamente in una diversa combinazione di armoniche.
Pur avendo tutte le corde lunghezze eguali ognuna è diversa per peso e tensione, questo permette ai violinisti di produrre frequenze e armoniche più alte o più basse. I violinisti modificano la lunghezza delle corde muovendo le dita su è giù lungo il manico dello strumento.
Quando avvicinano le dita al loro mento, facendole risalire lungo il manico dello strumento, accorciano la lunghezza di ogni corda aumentando così la frequenza (e il tono) della prima armonica e di tutte le armoniche superiori. E’ un virtuosismo che richiede una tecnica ed una manualità di cui non tutti sono capaci nonostante una ferrea applicazione.
Sono proprio le interazioni tra frequenze di risonanza più forti e frequenze di risonanza più deboli a dare ad un violino quello che tecnicamente è riconosciuto come il suo colore o timbro.
Affinché il suono prodotto sia abbastanza intenso da essere udito a distanza e sia di qualità migliore gioca un ruolo fondamentale la tavola armonica che nel violino è fatta di legno ed è bene in vista.
Se questa è la fisica alla base di capolavori quali “Il volo del calabrone”, “Le Quattro Stagioni” o il “Capriccio n. 24 per violino” di Niccolò Paganini, i violini non sono tutti uguali. Antonio Stradivari (1644-1737) è colui che più di ogni altro è riuscito nel miracolo di trasformare un “pezzo di legno” in suono celestiale. Stradivari è l’apice, della scuola di Cremona, a sua volta la più importante scuola liutistica del mondo per innovazione e qualità degli strumenti.
Non solo Stradivari, questa scuola di grandissimi liutai ha prodotto straordinari artigiani come Niccolò Amati (1596-1684) della famiglia Amati, considerato la vetta della liuteria seicentesca, o Giuseppe Guarneri detto del Gesù (1698-1744).
Tutti sappiamo che i violini migliori mai prodotti appartengono a quella straordinaria famiglia di artigiani, gli Stradivari che tra il XVII ed il XVIII secolo costruì i violini più invidiati e ricercati del mondo. Si stima che ad oggi siano sopravvissuti circa 560 esemplari di Stradivari , nel 2006, ad un’asta, uno di essi è stato venduto alla cifra iperbolica di 3,5 milioni di dollari. Gli esemplari migliori di questi violini hanno la prerogativa di avere un “nome proprio” come il Messiah, considerato insieme al Lady Blunt (dal nome di una delle sue proprietarie, Lady Anne Blunt, nipote di Lord Byron) uno dei violini migliori del mono.
Da decenni molti fisici hanno cercato di carpire i segreti della formula di questi ineguagliabili violini, ma finora il segreto è rimasto inviolato, alimentando la leggenda degli Stradivari. Forse però il segreto sta nel legno utilizzato per costruire questi capolavori: l’abete rosso. È soltanto con l’abete rosso che si può fare una tavola armonica degna di Stradivari. Dalla qualità del legno della tavola armonica dipende in gran parte la qualità dello strumento. E l’abete rosso giusto, quello che produce il cosiddetto legno di risonanza, non cresce dappertutto ma in pochi selezionati boschi.
Quali sono le caratteristiche di questo albero che lo rendono unico per costruire strumenti di così altissima levatura? Prima di tutto i minuscoli canali resiniferi che corrono per l’intera lunghezza del tronco e che con la stagionatura rimangono cavi permettendo all’aria di vibrare al loro interno. Per avere un buon legno di risonanza bisogna che gli alberi abbiano un diametro di almeno 60 cm, dimensioni che si raggiungono in genere intorno ai 150-200 anni.
Gli alberi inoltre devono avere una certa altezza, crescere su terreni poveri e con un clima stabile ed è quest’ultimo parametro che fa si che pur utilizzando legno di abete rosso gli artigiani contemporanei non riescono a emulare le prestazioni di uno Stradivari o di un Amaldi. Il segreto starebbe nella crescita lenta e regolare di quest’albero durante quella che è stata definita come la piccola età glaciale. Un periodo particolarmente freddo che interessò l’Europa fra il XV e il XIX secolo. La piccola età glaciale, quindi, potrebbe essere uno dei tanti fattori della qualità degli Stradivari.