E’ estremamente raro nel mondo dello spettacolo che un artista si affermi giovanissimo e mantenga poi una grande popolarità per un tempo estremamente lungo come è stato per Harry Lillis Crosby jr. in arte Bing Crosby, nato a Tacoma il 3 maggio del 1903.
Bing Crosby che doveva questo strano nome d’arte alla sua passione infantile per una striscia a fumetti “The Bingsville Bugle” si considerava un uomo fortunato, tanto da intitolare la propria autobiografia “Call me Lucky”. In realtà la fortuna c’entra ben poco con il suo incredibile e duraturo successo, ben altre sono state le qualità che lo hanno imposto per decenni all’attenzione ed all’apprezzamento del pubblico: prima di tutto la sua inconfondibile voce baritonale (probabilmente frutto di chissà quali misture bevute durante il proibizionismo), poi la sua comunicatività associata alla capacità di apparire sempre spontaneo, mai artificioso anche durante situazioni improbabili.
Abbandonata ben presto la carriera legale, Crosby si era laureato in legge, la passione per la musica ed il canto lo spinge a costituire un duo con l’amico di infanzia Al Rynker. I due vengono notati da Paul Witheman, il direttore della più importante orchestra jazz degli anni Venti e messi sotto contratto.
Crosby inizia ad inanellare un successo dopo l’altro, in quel periodo conosce una starlet di Hollywood Dixie Lee, che ben presto sposa. Il loro matrimonio durerà fino alla morte di lei nel 1952.
Nel frattempo esplodono gli attriti fra Witheman e Crosby, il primo accusa di indolenza il cantante e lo licenzia. Bing impiegherà pochissimo a rientrare nel giro, si unisce come cantante all’orchestra di Gus Arnheim e si esibisce quasi ogni sera al Cocoanut Grove di Los Angeles.
Nel frattempo fa la sua prima, breve apparizione in un film, dove canta una canzone (Il Re del Jazz, 1930).
La svolta avviene nel 1931, quando la CBS lo mette sotto contratto e lo fa diventare un vero e proprio divo radiofonico (all’epoca la radio era l’unico mezzo in grado di conferire ad un artista uno spessore nazionale).
Un anno dopo, nel 1932, torna con il film “The Big Boroadcast” dove interpreta fra l’altro due suoi celebri hit “Please” ed “Here lies love”.
La Paramount capisce di aver trovato la gallina dalle uova d’oro e blinda Crosby con un contratto ventennale.
I musical di Crosby con la Paramount seguivano tutti un rigido schema: l’attore-cantante corteggia sobriamente e senza eccessi la protagonista, fa da spalla all’inevitabile comico di turno e canta due o tre canzoni spesso necessarie per risollevare la qualità mediocre di queste pellicole.
Nel 1937 vince l’Oscar per la migliore canzone “Sweet Leilani”, disco d’oro, che canta nel film “Waikiki Wedding”.
Tutto andava a gonfie vele per Bing, che girava due o tre film all’anno, sfornava hit con un ritmo ed una continuità impressionanti, era una star della radio e guadagnava una montagna di dollari.
Poi nel 1940 gli viene proposto di girare un film, “La danzatrice di Singapore” con il comico Bob Hope e l’esotica ed affascinante Dorothy Lamour.
La sceneggiatura del film faceva acqua da tutte le parte cosi che Hope e Crosby iniziarono ad improvvisare, attraverso battute, allusioni e gag non programmate facendo quasi ammattire il produttore. Il successo della pellicola fu clamoroso quanto inaspettato, tanto che seguirono ben sei sequel sempre con lo stesso terzetto di protagonisti.
Nel 1942 Crosby interpretò in coppia con Fred Astaire, “La taverna dell’allegria” dove canta quella che è forse la sua più famosa canzone e certamente quella che ha venduto più dischi di ogni altra “White Christmas”, scritta da Irving Berlin, che divenne una specie di sigla per il cantante, accompagnandolo per tutta la sua carriera.
Crosby non era molto a suo agio quando doveva interpretare il ruolo dell’innamorato e proprio per questo registi ed autori iniziarono a tener conto di questo limite. Nel 1944 Bing gira “La mia via”(Going My Way), per la regia di Leo McCarey, dove interpreta un giovane prete cattolico che risolleva le sorti di una parrocchia nonostante le riserve dell’anziano parroco.
Il film si aggiudicherà ben 5 Oscar e Crosby vincerà la statuetta come miglior attore protagonista.
In generale però Crosby reciterà ancora per molte pellicole mediocri che praticamente riuscivano a “stare in piedi” esclusivamente grazie alla sua presenza.
Poi verso la fine degli anni Quaranta e gli inizi degli Anni Cinquanta, Crosby viene “scoperto” da alcuni dei maggiori registi di Hollywood che apprezzano il cinquantenne cantante-attore per il suo leggero umorismo, la sua capacità di improvvisare, la spontaneità che trasmette sul grande schermo qualunque sia la scena che sta interpretando.
Il valzer dell’imperatore (The Emperor Waltz), regia di Billy Wilder (1948), La gioia della vita (Riding High), regia di Frank Capra (1950), E’arrivato lo sposo (1951) sempre per la regia di Capra e Bianco Natale, (1954) di Michael Curtiz sono alcuni esempi.
Già negli anni Cinquanta Crosby era riuscito a scrollarsi di dosso l’etichetta di cantante confidenziale anche perchè la Paramount aveva scoperto una nuova giovane promessa a cui affidava le parti canore: Dean Martin.
Questo permise ad un maturo Crosby di affrontare interpretazioni drammatiche e di maggiore spessore come la parte dell’alcolizzato ne “La ragazza di campagna”, 1954 di Geroge Seaton che gli valse una nomination agli Oscar.
Bing Crosby si ritirò dalle scene in modo graduale e dignitoso, la sua ultima apparizione è quella del medico alcolizzato nel remake di Ombre Rosse, “I 9 di Dryfork City” (Stagecoach), regia di Gordon Douglas (1966).
Continuò ad apparire in molti show televisivi e girò anche un film per la televisione nel 1971 dove interpreta un medico di campagna che pratica l’eutanasia per i malati terminali.
Bing Crosby morirà nel 1977. Grande appassionato di golf, Bing Crosby partecipò spesso a tornei di beneficenza. Ironia della sorte, proprio su un campo da golf nei pressi di Madrid, venne colpito da infarto e morì il 14 ottobre 1977, all’età di 74 anni.
Nella sua carriera di cantante collezionò 21 dischi d’oro e vendette oltre 500 milioni di dischi in tutto il mondo. I suoi singoli arrivarono per ben 38 volte al numero 1 della hit parade americana, un record che non fu raggiunto né da Elvis Presley né dai Beatles.