Non contenta delle sue opere di “ingegneria sociale” che lentamente trasformano il paese di Locate che inizia a vedere in questa Signora, cosi attenta ai loro bisogni e cosi partecipe della loro vita, un vero punto di riferimento Cristina inizia a scrivere saggi filosofici e traduce in francese le opere di Gian Battista Vico facendole precedere da una corposa introduzione.
Questa “invasione di campo” crea sconcerto e riprovazione negli ambienti intellettuali milanesi che guardano con sempre maggiore diffidenza questa donna che vive sola con una bambina e che si comporta come un “uomo”.
Intanto siamo negli anni Quaranta del Diciannovesimo secolo i fermenti rivoluzionari iniziano a serpeggiare in Italia ed in tutta Europa, si preparano i prodromi di quello che sarà l’anno rivoluzionario per antonomasia, il 1848.
E Cristina, tanto per cambiare, anticipa i tempi. Nel febbraio del 1845 rileva una rivista patriottica, la “Gazzetta italiana”, in gravi difficoltà economiche e la trasforma l’anno dopo in una rivista, l'”Ausonio”, secondo il modello di una celebre rivista francese.
All’interno di un dibattito aspro e divisivo tra i patrioti italiani Cristina sceglie una linea chiara e pragmatica, pensa al ricongiungimento del lombardo-veneto sotto la monarchia dei Savoia, come passo ineluttabile per costruire l’Italia unita ed indipendente.
L’anno che precede il 1848 la vede in giro per la penisola ad allacciare rapporti con i maggiori esponenti del Risorgimento: Cavour, Cesare Balbo, Nicolò Tommaseo, Giuseppe Montanelli ed altri. Riesce anche a farsi ricevere da Carlo Alberto.
In seguito ai disordini di Milano del 2 gennaio 1848, mentre lei è in viaggio, viene spiccato contro Cristina un mandato di arresto da parte delle autorità austriache. Questo episodio per altro mai del tutto chiarito spinge ancora di più Cristina verso posizioni radicali, la vediamo alla guida di un “reggimento” di circa 200 volontari, battezzato Reggimento Belgioioso a Milano subito dopo le Cinque Giornate.
L’esito della Prima Guerra d’Indipendenza e quello che Cristina giudica il “voltafaccia” di Carlo Alberto la deludono profondamente e la spingono verso idee repubblicane. In quell’anno, il 1848, nel quale l’Europa e l’Italia sono percorsi da violenti venti rivoluzionari, tanto che nella vulgata popolare nascerà l’espressione fare un 48 o è successo un 48, troviamo Cristina in prima fila in tutti i principali focolai rivoluzionari. Nei primi mesi del 1849 si prodiga per curare i feriti durante l’assedio della Repubblica Romana.
Ed è in questo contesto drammatico che Cristina crea la figura “dell’infermiera” , fino ad allora negli ospedali i medici erano assistiti solo da quelli che possiamo definire con la terminologia moderna, i portantini, grazie all’ingegno di questa donna temeraria si afferma questa nuova figura in ambito sanitario.
La vita della Repubblica Romana come sappiamo è breve, appena cinque mesi. Nonostante un’eroica resistenza a cui partecipa anche Giuseppe Garibaldi, le soverchianti forze francese munite di un considerevole contingente di artiglieria, impongono la resa il 5 luglio 1849.
Cristina riesca a fuggire appena in tempo verso Malta, da li sbarcherà ad Atene per giungere finalmente a Costantinopoli.
E’ una donna ferita, delusa anche dai francesi che aveva ammirato sinceramente, detestata anche da molti patrioti, la Cristina che insieme alla figlia Maria, si appresta ad un esilio nell’Impero Ottomano. Acquista una piccola valle in Cappadocia e vi fonda una colonia agricola aperta ai profughi italiani che amministrerà secondo gli schemi sperimentati a Locate.
Nel 1852 con un nutrito seguito Cristina inizierà un lungo viaggio nell’estremo Oriente, passando anche per la Terra Santa, i cui ricordi ed impressioni lascerà in numerosi articoli e scritti.
Cristina è ormai una donna matura ma non doma. La vita però gli riserva ancora delle prove dure. Tornata da questo lungo viaggio nel suo feudo turco mentre cerca di rimproverare un profugo bergamasco che era stato violento con la sua amante viene da questi accoltellata per cinque volte.
Cristina si salva, grazie anche alle nozioni di medicina, apprese sul campo durante la sua esperienza con la Repubblica Romana. Si riprende ma non sarà più la stessa persona, invecchiata, con una postura storta probabilmente a causa delle ferite subite, debilitata nel fisico ma soprattutto nell’animo.
Tre anni dopo ha l’occasione di ritornare in Italia, il governo austriaco che si sente di nuovo forte, le dissequestra i beni e fa decadere le accuse contro la donna.
Nel 1856 è di nuovo a Milano, il sodalizio sentimentale con Mignet è ormai finito da tempo e due anni dopo, nel 1858 muore suo marito Emilio di Belgioioso, sfigurato nel fisico e nella mente dalla sifilide. Belgioioso muore senza però aver mai voluto riconoscere ufficialmente Maria, che ha ormai circa venti anni.
Nel 1861 vive con gioia l’Unità d’Italia per la quale aveva speso gran parte della sua vita e del suo impegno politico e civile.
Cristina vive con Miss Parker una governante inglese che la segue dal 1839 e con il fedele Budoz, il servo turco che l’aveva seguita ormai da molti anni.
Nonostante non sia più la donna di una volta Cristina passerà gli ultimi dieci anni della sua vita, morirà il 5 luglio 1871, fondando un giornale, l'”Italie”, destinato a pubblicizzare in Europa la politica italiana e scrivendo saggi politici.
Alla sua morte, all’età di 63 anni, sarà sepolta a Locate. Al suo funerale non intervenne nessuno dei politici dell’Italia, che lei così generosamente aveva contribuito a sostenere.
Una donna che aveva saputo coniugare sapientemente idealismo, rivoluzione e realismo e che scrisse sulla condizione della donna in quegli anni nei quali si faceva l’Italia:
“Ho sempre rifuggito dal ragionare dei diritti e dei doveri delle donne nella moderna società, e perché sono convinta che una donna trattando cotal quistione non è mai reputata imparziale e disinteressata, è più ancora perché il cangiare la condizione odierna delle donne presenta difficoltà tali, tali pericoli e danni, che non so qual possa essere a questi adeguato compenso. Oggi però, eccitata da persone autorevoli, (e ch’io rispetto), ad esporre il mio modo di vedere in sì fatta materia , mi risolvo a vincere ogni mia titubanza, ed a confessare candidamente ciò che mi sembra militare si in favore come in opposizione ad una riforma radicale nella condizione delle donne.”