venerdì, Maggio 3

La scoperta della cura del diabete

Il diabete è una malattia subdola che spesso manifesta la propria sintomatologia soltanto dopo anni che “opera” silenzioso nel nostro organismo e per molto tempo è stata una malattia letale, di cui non esisteva cura. Di solito ai bambini a cui veniva diagnosticato la sopravvivenza non superava un anno e si trattava di una morte penosa.

Il diabete mellito è una malattia cronica caratterizzata da un eccesso di zuccheri (glucosio) nel sangue, nota come iperglicemia. L’unico modo che si conosceva fino agli anni Trenta del Ventesimo secolo per contrastarla era ridurre i pazienti alla fame, attraverso diete insopportabili.

Un medico intraprendente

Le cose cambiano per caso, come spesso avviene nella ricerca scientifica, verso la fine degli anni Venti il protagonista di questo cambiamento sarà un medico quasi sconosciuto, che del diabete non sapeva niente al punto da arrivare a sbagliarne il nome in alcuni scritti e che lavorava in Canada, nella cittadina di London. Il suo nome era Frederick Grant Banting ed era nato ad Alliston il 14 novembre del 1891.

Il caso vuole che il 1 novembre 1920 Banting dovette sostenere una lezione sulla funzione del pancreas alla Western University. Il giorno prima studiò molto e la sua attenzione cadde su un articolo di Moses Barron che trattava della scoperta di gruppi di cellule differenti da quelle acinose presenti nel pancreas. Questo organo ha due funzioni distinte, la prima è quella di produrre enzimi indispensabili per la digestione, la seconda attraverso gruppi di cellule note come isole di Langerhans è quella di produrre l’insulina.

Il ruolo dell’insulina

L’insulina è una piccola proteina vitale che ha il fondamentale compito di mantenere il delicatissimo equilibrio degli zuccheri nel sangue. L’eccesso o la carenza di insulina producono terribili conseguenze. L’organismo ne consuma moltissima. Ogni molecola dura dai cinque ai quindici minuti, quindi la richiesta di reintegro è senza soluzione di continuità. Negli anni Venti era già nota la sua importanza nel controllo del diabete ma non si riusciva a separarla dai succhi gastrici.

Banting decise di trovare una cura per il diabete e formulò un’ipotesi azzardata, per isolare l’insulina dai succhi gastrici legando il dotto pancreatico per impedire agli stessi di raggiungere l’intestino. A Banting non faceva difetto né l’intraprendenza né la determinazione e finalmente riuscì a parlare con J.R. MacLeod, il maggiore esperto in quel campo, convincendolo a mettergli a disposizione un laboratorio per la ricerca, dei cani e un assistente.

Un trio improbabile

L’assistente era Charles Herbert Best, americano di origini canadesi cresciuto nel Maine dove il padre era medico di famiglia. Ricercatore scrupoloso e zelante, come Banting non sapeva niente del diabete e non aveva alcuna pratica dei metodi sperimentali. I primi esperimenti sui cani, a cui legarono il dotto pancreatico, ottennero buoni risultati, questo nonostante che i loro esperimenti fossero mal concepiti, mal eseguiti e mal interpretati.

Nonostante questo nell’arco di poche settimane il duo iniziò a produrre insulina pura. Somministrata ai diabetici, l’effetto aveva qualcosa di miracoloso. Questi sventurati emaciati e prossimi alla consunzione si riprendevano con una rapidità e un vigore impressionanti. Un altro ricercatore del laboratorio, J.B. Collip, ideò un metodo ancora più efficace per estrarre l’insulina, che ben presto fu prodotta in quantità sufficienti a salvare vite umane in tutto il mondo.

Il Nobel della discordia

Definita come la “scoperta del secolo”, Banting nel 1923 ricevette il Premio Nobel per la Medicina insieme a McLeod, il direttore del laboratorio che gli aveva messo a disposizione struttura, cani e assistenti. Banting non la prese affatto bene, anche perché nel corso di quell’anno decisivo per individuare la cura di una malattia così terribile e insidiosa come il diabete, McLeod non si trovava neppure in Canada bensì nella nativa Scozia per la consueta, lunga visita annuale.

Inviperito Banting dichiarò che avrebbe diviso il premio in denaro del Nobel con il fido assistente Best, mentre l’altro assistente Collip decise di brevettare a suo nome il nuovo e più efficace metodo di produzione dell’insulina. Banting e Collip vennero alle mani in un paio d’occasioni. Per completare il clima di insofferenza e di odio che aleggiava nel laboratorio, frutto di un eccesso smodato di ambizione e personalismi, anche Collip si rivoltò sia contro Banting che contro Best.

Gli ultimi anni e la morte di Banting

Nonostante questi screzi la fama arrise a Banting che ottenne importanti riconoscimenti culminati nel 1934 con la nomina a cavaliere da parte di Re Giorgio V. In seguito si dedicò attivamente ad altri campi di ricerca senza però concludere niente e allo scoppio della seconda guerra mondiale si impegnò nello studio dei “black-out” dei piloti soggetti a grossa forza di gravità.

Il 21 febbraio del 1941 salì a bordo di un Lockheed Hudson bomber che doveva affrontare la traversata Atlantica per raggiungere l’Inghilterra per motivi mai del tutto chiariti. L’aereo precipitò, Banting sopravvisse all’impatto ma la clavicola sinistra gli aveva bucato un polmone, riuscì ad uscire dall’aereo e fare pochi passi nella neve prima di crollare a terra morto.

Per saperne di più:

Frederick Grant Banting

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Bryson, Bill. Breve storia del corpo umano: Una guida per gli occupanti

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