sabato, Luglio 27

L’ascesa di Venezia tra i due Imperi

Fin dai suoi primi anni di vita come entità politica indipendente Venezia era costretta a barcamenarsi tra le due principali potenze di quel tempo, il Sacro Romano Impero e l’Impero Romano d’Oriente, ovvero l’Impero bizantino.
Formalmente Venezia era una propaggine di quest’ultimo, ma lentamente assunse un’autonomia sempre più consistente, sfruttando le migliori armi a sua disposizione ovvero la diplomazia ed i traffici commerciali. Un punto di svolta particolarmente importante avviene a cavallo dell’anno Mille con il dogato di Pietro Orseolo II.
Nato a Venezia nel 961 subentra al padre come Doge nel 978, dopo appena due anni di governo del padre che lasciò improvvisamente la carica per ritirarsi nel monastero di Cuxa, nei Pirenei, dove trascorse l’ultimo periodo della sua esistenza fra esercizi di pietà, per cui venne proclamato santo nel 1731.
La politica di equidistanza tra le due potenze ebbe un autentico successo nel marzo del 992 quando Pietro Orseolo ottiene dagli imperatori di Bisanzio Basilio e Costantino una “bolla d’oro” che garantiva ai mercanti veneziani, in cambio dell’appoggio militare contro gli Arabi, un netto vantaggio sui loro concorrenti, Amalfitani, Longobardi di Puglia ed Ebrei.

Lo stesso anno, il 19 luglio Pietro otteneva dall’imperatore germanico Ottone III all’epoca appena dodicenne un’analoga operazione che concedeva ai venetici, così venivano chiamati allora i veneziani, ampie immunità in campo commerciale e politico.

La sfera di influenza politica e commerciale di Venezia si amplia proprio nell’anno Mille, quando il Doge in persona al comando di una potente squadra navale, il giorno dell’Ascensione salpa da Venezia per rispondere alle invocazioni di aiuto delle città romane della costa dalmata minacciate dagli Slavi.
Da Parenzo a Pola, da Ossero a Zara dove il 5 giugno dell’anno 1000 queste cittadine firmano un formale atto di sottomissione a Venezia, l’accoglienza delle popolazioni è entusiasta. Venezia viene vista come la protettrice dalle vessazioni subite da queste cittadine costiere a causa delle discordie che opponevano il re croato Svetislavo al fratello Cresimiro ‘Surigna’.

Solo l’isola di Lagosta si oppone e viene sconfitta dopo una dura battaglia. Il doge tornava quindi a Venezia decorato dal titolo di duca dei Venetici e dei Dalmati che sanciva la nuova realtà nell’Adriatico, dove Venezia emergeva come potenza egemone.

Così a Pasqua del 1001, l’imperatore Ottone che si trovava in Italia per presunte cure termali incontra in gran segreto Pietro Orseolo II, l’intento è quello di spostare l’equidistanza veneziana verso le ambizioni sulla penisola italiana del Sacro Romano Impero. L’incontro, tanto desiderato e minutamente predisposto, si conclude però con un deludente nulla di fatto.

Pietro sa che la prosperità di Venezia dipende dal suo ruolo neutrale rispetto alle contese diplomatiche e militari dei due imperi. L’autonomia di Venezia era dunque completata. Tra il 1002 e il 1003 Pietro promuove una campagna militare per scacciare i Saraceni dalla Puglia operazione necessaria per tutelare le rotte commerciali veneziane verso oriente.

Quel traffico, garantito e agevolato dalla “bolla d’oro” del 992, aveva bisogno di un Adriatico e di uno Ionio liberi e sicuri.

Gli ultimi anni del dogato di Pietro sono funestati da eventi che lo fiaccheranno nello spirito e nel corpo. Nel luglio del 1005 il suo primogenito ed erede Giovanni, che si era sposato da poco a Costantinopoli con una nipote dell’imperatore bizantino muore insieme alla moglie ed al figlioletto stroncato dalla peste.

Pietro assocerà al governo il suo terzogenito Ottone (nome dato in onore dell’imperatore germanico) con l’approvazione dell’assemblea popolare. Morirà nel 1009 dopo aver distribuito alla Chiesa e ai poveri gran parte della sua vistosissima sostanza, vivendo monasticamente nel suo palazzo fino alla morte, sopraggiunta nel settembre 1009.

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