sabato, Luglio 27

Le Braci di Sándor Márai

Sandor Marai nasce a Kosice l’11 aprile  del 1900 da una famiglia del patriziato nobiliare  di origini sassoni. Siamo nel cuore del morente Impero Austro-Ungarico  e precisamente in Ungheria, ancora qualche decina di chilometri più ad ovest e Marai si sarebbe formato alla scuola dei letterati e degli intellettuali di  lingua  tedesca.  Invece il  precocissimo Marai, già a diciassette anni, mentre  infuria il primo conflitto mondiale,  scrive una raccolta di poesie e decide di farlo in  ungherese la  lingua  della madre. Visse per un certo periodo come corrispondente di un  giornale prima a Berlino e poi a Parigi, nel 1928 si trasferisce a Budapest dove diventa uno scrittore prolifico e molto famoso.  Il suo romanzo più famoso con una gestazione travagliata, come la vita  dello stesso Marai, è certamente Le Braci  pubblicato senza successo per la prima volta in Ungheria, nel 1942, poi in tedesco nel 1950, in ungherese nel 1990 e, in italiano, nel 1998. 

Il romanzo  di poco più di 170 pagine è costituito prevalentemente da un lungo monologo di uno dei due  protagonisti,  il Generale che incontra il suo amico di infanzia e giovinezza Konrad,   dopo 41 anni,  per un drammatico chiarimento. Sono ormai vecchi, entrambi settantacinquenni, entrambi consapevoli che la  propria  esistenza volge al  termine.

L’azione si svolge nel  1942 mentre il mondo è di nuovo in fiamme  in un castello dei Carpazi e probabilmente si nutre di una certa ispirazione dell’opera di Hesse Narciso e Boccadoro. 

A questo  incontro  Henrik, il generale si è preparato scrupolosamente, meticolosamente, tenacemente per tutta una vita, per  41 lunghissimi anni.

Di fatto ripete più volto nel corso di questo monologo che occupa tutta una notte è rimasto in vita per questo momento. Ha bisogno  di capire i motivi di un tradimento non soltanto di  un amico che era come un fratello per lui,  ma anche della  moglie morta da molti anni e di cui da tempo si era  reso conto di  conoscere meno di quanto ambisse  credere.

Al termine di una lunga notte nella quale il generale  racconta i dubbi ed i drammi di un’intera esistenza, mentre si accomiatano per l’ultima  volta,  consci che non si rivedranno mai più,  Henrik pone l’ultima delle due domande che da  una vita aspetta di fare all’amico: “Si può e soprattutto si deve restare fedeli alla passione che ci possiede, anche se questo significa distruggere la propria felicità e quella degli altri?” Konrad risponde “Perché me lo chiedi? Sai che è così”. A questo punto la conversazione è finita, Konrad esce, è l’alba, fa freddo, i due vecchi, intirizziti e stanchi, si scambiano un saluto deferente, sulla soglia del castello. Sanno che non si rivedranno più.

Le Braci è un piccolo capolavoro che però Marai in età  avanzata  dirà di non amare  troppo in quanto troppo romantico.  La vita dello scrittore ungherese  non sarà facile, convinto antifascista, costretto a scappare dall’Ungheria a causa del regime comunista, inizierà una peregrinazione che lo  porterà per ben due volte  in Italia, prima  a Napoli, città che amava molto e successivamente a Salerno dal 1968 al  1980. Ritornato negli Stati Uniti, a San Diego Sandor Marai fu colpito negli affetti più cari,  prima  con la  morte della moglie per cancro e  poi da quella del figlio. Nel  1989 si tolse la  vita con un colpo  di pistola  alla tempia. 

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