sabato, Luglio 27

L’equazione di campo di Einstein

Nel  1915, dopo  otto anni di duro lavoro, Einstein completò  finalmente  l’equazione di campo della relatività generale. Si tratta dell’equazione 
fondamentale della teoria della  relatività  generale e descrive la curvatura dello spaziotempo in funzione  della  materia, dell’energia e della  pressione. L’equazione  originale così recitava:

{\displaystyle R_{\mu \nu }-{1 \over 2}g_{\mu \nu }R={\frac {8\pi G}{c^{4}}}T_{\mu \nu }}

Dove  la parte destra dell’equazione rappresenta la densità di massa/energia e la pressione associata alla sostanza (massa e radiazione) in un determinato  punto. Il membro di sinistra dell’equazione invece  rappresenta come si curva lo spaziotempo in quel determinato  punto.

Le particelle seguono le traiettorie più dritte possibili nello spaziotempo curvo. In seguito Einstein calcolò le traiettorie geodetiche dei pianeti che risultarono significativamente diverse da quelle calcolate da Newton.

Si scopre così che Mercurio non percorre la  traiettoria ellittica prevista dalla  teoria della gravitazione di Newton. Gli effetti erano massimi vicino al Sole. Una differenza  davvero minuscola, pari a 43 secondi d’arco in un secolo, ma  misurabile e soprattutto  in perfetto accordo con le  predizioni della  teoria della relatività generale di Einstein.

Einstein calcolò inoltre di quanto si doveva incurvare la luce passando vicino al  bordo del  Sole. In base  alla  sua teoria doveva essere deflessa di 1,75 secondi d’arco mentre la teoria  newtoniana prevedeva una misura di 0,87 secondi d’arco.

Nel  1919 una spedizione guidata dal britannico  Arthur Eddington, durante un’eclissi  totale  di Sole, riuscì a calcolare la deflessione  della luce da due luoghi diversi con risultati di 1,98 secondi d’arco (con una variabile di 0,30 secondi d’arco  in più o in meno) e 1,61 secondi d’arco  (con la  stessa variabilità in più o in meno).

Einstein aveva ragione e Newton torto. I risultati furono pubblicamente annunciati durante una riunione congiunta  della Royal Society e della Royal  Astronomical  Society. La deflessione einsteniana fu confermata con ancora maggior precisione durante un eclissi del 1922 grazie alle ricerche di William  Wallace Campbell e Robert Julius Trumpler.

C’era però ancora un problema che angustiava Einstein, la  sua equazione di campo non combaciava  perfettamente  con la convinzione del tempo di un universo statico.  L’idea dell’universo statico teorizza che lo spazio non è né in espansione né in contrazione, ma è dinamicamente stabile.

Per far tornare  i conti Einstein introdusse nella sua equazione la  cosiddetta costante cosmologica che armonizzava il  resto delle straordinarie predizioni di Albert con il concetto di universo statico.

 Nella forma con la costante cosmologica, l’equazione di campo è 

R_{{\mu \nu }}-{1 \over 2}g_{{\mu \nu }}R+\Lambda g_{{\mu \nu }}={\frac  {8\pi G}{c^{4}}}T_{{\mu \nu }}

dove:

  •   R è il tensore di curvatura di Ricci;
  • {  R} la curvatura scalare, ossia la traccia di {  R_{\mu \nu }};
  • { g } il tensore metrico;
  • { Lambda  la costante cosmologica;
  • { T} il tensore stress-energia;
  • {  c} la velocità della luce nel vuoto;
  • {  G} la costante di gravitazione universale.

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