Nel 1915, dopo otto anni di duro lavoro, Einstein completò finalmente l’equazione di campo della relatività generale. Si tratta dell’equazione
fondamentale della teoria della relatività generale e descrive la curvatura dello spaziotempo in funzione della materia, dell’energia e della pressione. L’equazione originale così recitava:
Dove la parte destra dell’equazione rappresenta la densità di massa/energia e la pressione associata alla sostanza (massa e radiazione) in un determinato punto. Il membro di sinistra dell’equazione invece rappresenta come si curva lo spaziotempo in quel determinato punto.
Le particelle seguono le traiettorie più dritte possibili nello spaziotempo curvo. In seguito Einstein calcolò le traiettorie geodetiche dei pianeti che risultarono significativamente diverse da quelle calcolate da Newton.
Si scopre così che Mercurio non percorre la traiettoria ellittica prevista dalla teoria della gravitazione di Newton. Gli effetti erano massimi vicino al Sole. Una differenza davvero minuscola, pari a 43 secondi d’arco in un secolo, ma misurabile e soprattutto in perfetto accordo con le predizioni della teoria della relatività generale di Einstein.
Einstein calcolò inoltre di quanto si doveva incurvare la luce passando vicino al bordo del Sole. In base alla sua teoria doveva essere deflessa di 1,75 secondi d’arco mentre la teoria newtoniana prevedeva una misura di 0,87 secondi d’arco.
Nel 1919 una spedizione guidata dal britannico Arthur Eddington, durante un’eclissi totale di Sole, riuscì a calcolare la deflessione della luce da due luoghi diversi con risultati di 1,98 secondi d’arco (con una variabile di 0,30 secondi d’arco in più o in meno) e 1,61 secondi d’arco (con la stessa variabilità in più o in meno).
Einstein aveva ragione e Newton torto. I risultati furono pubblicamente annunciati durante una riunione congiunta della Royal Society e della Royal Astronomical Society. La deflessione einsteniana fu confermata con ancora maggior precisione durante un eclissi del 1922 grazie alle ricerche di William Wallace Campbell e Robert Julius Trumpler.
C’era però ancora un problema che angustiava Einstein, la sua equazione di campo non combaciava perfettamente con la convinzione del tempo di un universo statico. L’idea dell’universo statico teorizza che lo spazio non è né in espansione né in contrazione, ma è dinamicamente stabile.
Per far tornare i conti Einstein introdusse nella sua equazione la cosiddetta costante cosmologica che armonizzava il resto delle straordinarie predizioni di Albert con il concetto di universo statico.
Nella forma con la costante cosmologica, l’equazione di campo è
dove:
- R è il tensore di curvatura di Ricci;
- { R} la curvatura scalare, ossia la traccia di { R_{\mu \nu }};
- { g } il tensore metrico;
- { Lambda la costante cosmologica;
- { T} il tensore stress-energia;
- { c} la velocità della luce nel vuoto;
- { G} la costante di gravitazione universale.