Antonio De Curtis, in arte Totò, era sulla breccia dal 1917, quando un comico “figlio d’arte” di modesta popolarità Gero Zambuto lo nota nel 1937 in uno dei suoi consueti spettacoli di varietà frequentati da un pubblico popolare e verace.
Zambuto rimane affascinato da questo mimo napoletano, straordinario improvvisatore, in grado di dilatare una gag di 8 minuti in uno spettacolo da cinquanta.
Riesce a convincere l’allora patron della Titanus Gustavo Lombardo a metterlo sotto contratto per il film “Fermo con le mani”. Il film riscuote un tiepido successo di critica e di pubblico, su “Bianco e Nero” del 31 maggio 1937 si scrive sul film di Zambuto «Questo film non è americano ciononostante è bruttissimo. Ne prendano atto coloro che ci accusano di faziosità. Noi siamo irrimediabilmente faziosi verso tutti i film che rappresentano un attentato alla società artistica e morale del cinematografo».
Il patron della Titanus ingaggia per la seconda performance di Totò un campione del cinema comico d’anteguerra Carlo Lodovico Bragaglia che si avvale per la sceneggiatura addirittura di Achille Campanile “Animali pazzi” questo il titolo del film ha la sfortuna di uscire proprio nel periodo dove esplode la stella di un nuovo comico che conquista il pubblico italiano: Macario.
Per attendere la definitiva affermazione del grande comico napoletano si dovrà aspettare il 1940 con il suo terzo film “San Giovanni Decollato”, remake di una vecchia pellicola del 1917, diretto da Amleto Palermi.
Il protagonista del film doveva essere, come in quello originale, Angelo Musco, ma con l’improvvisa scomparsa dell’attore catanese nel 1937, il regista ripiegò su Totò, il quale si riteneva indegno di sostituirlo, anche se la critica gli tributò un coro unanime di apprezzamento.