Con l’affievolirsi della scuola dei cinici la parte migliore di questa visione del mondo confluì nello scetticismo ((dalla parola greca σκέψις (sképsis), che significa “ricerca”, “dubbio”, stessa radice del verbo sképtesthai che significa “osservare attentamente”, dunque “esaminare”), una filosofia ben più complessa e strutturata. Il primo a formulare come dottrina lo scetticismo fu Pirrone che partecipò con l’esercito di Alessandro Magno alle travolgenti conquiste del giovane condottiero macedone, arrivando fino all’India. Pirrone in seguito stancatosi di viaggiare e combattere per il mondo ritornò nella sua città natale, Elide, dove visse fino alla morte avvenuta intorno al 275 a.e.v.
Pirrone al vecchio scetticismo dei sensi già presente nella cultura filosofica greca aggiunse una buona dose di scetticismo morale e logico. Lo scetticismo inizialmente costituì un forte richiamo anche al di fuori del recinto intellettuale dei filosofi e dei loro discepoli. Lo scetticismo consolava l’uomo pigro dimostrandogli che l’ignorante era altrettanto saggio del rispettabile uomo di cultura. Anche per questo lo scetticismo ebbe un grosso successo popolare.
Dal punto di vista filosofico lo scetticismo non esaltava semplicemente il dubbio ma il dubbio dogmatico. L’uomo di scienza dice: “Credo così e così ma non sono sicuro”, l’uomo dotato di curiosità intellettuale afferma: “Non so cosa sia ma spero di scoprirlo”, lo scettico afferma “Nessuno sa e nessuno può sapere”.
Lo scetticismo fu poi portato avanti e sistemizzato dal principale discepolo di Pirrone, Timone di Fliunte (circa 320 a.C. – circa 230 a.C.). Timone contrariamente al suo Maestro scrisse molti libri che purtroppo sono quasi totalmente andati perduti, dai pochi frammenti recuperati si evince che Timone è convinto che l’indifferenza assoluta di fronte a tutte le cose porti all’afasia e all’imperturbabilità e quindi alla felicità.
In questa sua seconda stagione, lo scetticismo si muove verso posizioni più radicali: i filosofi che difendono questa posizione si fanno sostenitori dell’inesistenza di ogni principio di conoscenza o verità, e rivolgono tutto il proprio impegno a combattere il dogmatismo (sic!), in specie quello sostenuto dagli stoici. Con la morte di Timone lo scetticismo come scuola finì ma le sue dottrine opportunamente modificate furono incredibilmente raccolte dall’Accademia di Atene, custode della tradizione platonica.
L’uomo che gestì questa assimilazione dello scetticismo da parte dell’ortodossia platonica fu Arcelisao (315-240 a.e.v) quando divenne scolarca (equivalente del capo di una scuola filosofica) dell’Accademia attorno al 265 a.e.v. Arcelisao aveva una modalità di insegnare che nello stesso tempo attraeva e disorientava i discepoli dell’Accademia, non di rado presentava due tesi contrapposte impegnandosi ad argomentare la possibilità di entrambe di avvicinarsi alla verità. Tale meccanismo dialettico aveva lo scopo di giungere alla conclusione che né con i sensi né con la forza del proprio intelletto è possibile avere una qualsiasi conoscenza certa. La sua influenza fu così grande che l’Accademia rimase di orientamento scettico per circa 200 anni.
Successore di Arcelisao all’Accademia fu Carneade che non lasciò grande traccia di se, contrariamente al cartaginese che prese il suo posto. Egli si chiamava Asdrubale ma prese il nome greco di Clitomaco. Nel 127/6 a.e.v., due anni dopo la morte di Carneade, Clitomaco divenne scolarca dell’Accademia. Continuò ad insegnare ad Atene fino al 111 a.C., visto che Crasso lo sentì parlare quell’anno.
Della sua interpretazione dello scetticismo è di particolare importanza l’introduzione del concetto di probabilità, egli asseriva che per quanto non si possa mai giustificare una certezza purtuttavia alcune cose hanno più probabilità di essere vere rispetto ad altre. E che quindi esse meritino di essere perseguite.
Dopo Clitomaco l’Accademia cessò di essere scettica e le sue dottrine per molto tempo non si distinsero da quelle degli stoici.