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Il darwinismo in Italia

L’arrivo della nuova teoria sull’evoluzione concepita da Charles Darwin con la pubblicazione nel 1859 del suo saggio Le Origini della Specie per selezione naturale non fu né immediata né facile. Questo nonostante il rapporto da sempre intenso che Darwin ebbe con il nostro paese. Il grande naturalista e biologo britannico (nato nel 1809 e morto nel 1882) era un ammiratore del naturalista e geologo  italiano Giovanni Battista Brocchi, vissuto tra il XVIII se il XIX secolo e fu ispirato dalla sua teoria sulla morte delle specie.

Ma torniamo all’Italia che vive in quel 1859 la fase decisiva della sua unificazione politica. Le migliori energie intellettuali del paese erano spese per la causa dell’unificazione nazionale o negli ambienti reazionari che vi si opponevano, mentre il dibattito scientifico, soprattutto in campo biologico e delle scienze naturali languiva.

Il tema della vita e della creazione era saldamente nelle mani dei filosofi e del clero, in particolare dei gesuiti che nel 1850 avevano fondato un’importante rivista che costituirà un punto di riferimento essenziale per gli anti darwinisti: “Civiltà Cattolica”. Dell’opera di Darwin negli anni successivi al 1859 si trova soltanto qualche sommario riscontro in brevi traduzioni da opere di lingua straniere o in articoli apparsi sulle riviste Il Politecnico ed appunto Civiltà Cattolica.

L’esordio ufficiale del darwinismo avviene in una fredda serata di gennaio a Torino. L’11 gennaio 1864, cinque anni dopo la pubblicazione de L’Origine della Specie per selezione naturale, Filippo De Filippi, professore di zoologia all’Università di Torino tiene una conferenza pubblica dal titolo “L’uomo e le scimmie”.

Così iniziò la sua prolusione: “La infinitamente bella e grande varietà di forme di piante e di animali che popolano ora la superficie della terra, non è apparsa tutta insieme d’un sol getto, ma è stata preceduta da una successione di altre forme diverse, di altri mondi di viventi, che hanno lasciate, a documento della loro passata esistenza, spoglie più o meno complete negli strati della corteccia terrestre.”

De Filippi, tuttavia, volle distinguere nettamente il «regno animale» dal «regno umano» delle qualità psicologiche, morali e spirituali, prodotto sì dell’evoluzione ma del tutto sui generis cercando di conciliare la teoria dell’evoluzione darwiniana con la fede.
La lezione riscosse consensi entusiastici e reazioni indignate, secondo uno schema che si ripeterà spesso.  In particolare la reazione dei clericali fu violentissima: si scrisse che era un’infamia che il governo tenesse in cattedra un uomo così empio che instillava nella mente dei giovani simili aberrazioni.

Sfortunatamente il povero De Filippi che era anche un valente naturalista non riuscì a veder trionfare le tesi di Darwin che aveva così coraggiosamente introdotte nel nostro paese. Nel 1865 si imbarcò sulla corvetta “Magenta” assieme a Enrico Giglioli per un lungo viaggio in Sud America e in Estremo Oriente da cui non fece ritorno: colpito da una grave patologia infettiva acuta, probabilmente colera, morì ad Hong Kong all’età di 53 anni.

Il 22 marzo 1866 ebbe luogo a Modena una seconda celebre «lezione popolare», dal titolo L’antichità dell’uomo, questa volta tenuta da Giovanni Canestrini, alla cui preziosa opera di diffusione sarà inestricabilmente legato il nome di Darwin in Italia. Canestrini, laureatosi in filosofia e in scienze fisico-naturali a Vienna, esiliato a Genova nel 1859 per le sue idee irredentiste, dal 1862 professore di zoologia a Modena e dal 1869 titolare della cattedra di zoologia, anatomia e fisiologia a Padova, nel 1864 aveva tradotto per la prima volta in italiano, con il consenso di Darwin e l’aiuto di Leonardo Salimbeni, la terza edizione di L’origine delle specie per i tipi di Zanichelli.

Nel 1869 lo scontro tra fautori ed oppositori della teoria darwiniana si accese ulteriormente. Il 21 marzo il fisiologo russo Aleksandr Herzen tenne a Firenze un’altra conferenza popolare, al Museo di storia naturale della Specola, dal titolo inequivocabile: Sulla parentela fra l’uomo e la scimmia. In essa venivano discusse le prove anatomiche a favore della discendenza comune fra l’uomo e le grande scimmie, pur con le dovute differenze. Herzen cercò anche di saggiare le possibilità di una concezione naturalistica dell’etica: non vi è degradazione morale nell’ammettere le proprie umili origini animali, ma al contrario l’orgoglio di essere arrivati, da soli, a queste vette intellettuali.
La reazione contro lo «sconcio» scenario evoluzionistico del senatore e abate Raffaello Lambruschini non si farà attendere: la scienza non può negare la teologia. Al che Herzen abbandonò ogni diplomazia e replicò: questi vogliono «l’ignoranza obbligatoria pel popolo».

Inutile sottolineare come alcuni aspetti di questo dibattito ricordino la querelle odierna tra il mondo della scienza ed alcuni segmenti della società e della classe politica con una matrice comune antiscientifica ed irrazionalista.

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