sabato, Luglio 27

Lo stoicismo

Contrariamente allo scetticismo, lo stoicismo ebbe una evoluzione dottrinale molto più lunga e travagliata. L’insegnamento del suo fondatore Zenone, vissuto tra il 336 ed il 263 a.e.v. è molto diverso da quello di Marc’Aurelio, vissuto nel II secolo dell’era volgare.

Zenone era un materialista che combinava insieme le idee dei cinici e quelle di Eraclito. Lo stoicismo è la meno greca di tutte le correnti filosofiche dell’antichità, lo stesso Zenone era un fenicio, nato nell’isola di Cipro, figlio di mercanti che inizialmente si trasferirono ad Atene per affari. Qui Zenone si appassionò allo studio della filosofia. Dei primi stoici non ci sono giunti che pochi frammenti del loro pensiero mentre abbiamo una raccolta di scritti più corposa attraverso le opere di Seneca, di Marc’Aurelio e di Epitteto.

Lo stoicismo prende il nome dalla Stoà Pecìle di Atene o «portico dipinto» (in greco στοὰ ποικίλη, Stoà poikíle) dove Zenone impartiva le sue lezioni. Gli stoici sostennero le virtù dell’autocontrollo e del distacco dalle cose terrene, portate all’estremo nell’ideale dell’atarassia, come mezzi per raggiungere l’integrità morale e intellettuale. 

Zenone non aveva pazienza per la metafisica e la prendeva in considerazione soltanto se essa era utile al raggiungimento della virtù. Le dottrine a cui lo stoicismo rimase sempre coerente erano il determinismo cosmico e la libertà umana. Dio non è separato dal mondo ed ognuno di noi possiede una parte del “fuoco divino”. Tutte le cose fanno parte di un unico sistema chiamato Natura e la virtù consiste in una volontà che sia in accordo con la Natura. I due capisaldi dello stoicismo erano tendenzialmente in contraddizione tra essi, come poteva infatti il libero arbitrio manifestarsi nella sua piena totalità in un mondo dominato dal determinismo?

Lo stoico non è virtuoso per fare il bene, ma fa il bene per essere virtuoso. Zenone, come gli stoici romani, diceva che la filosofia è come un frutteto, in cui la logica rappresenta i muri di cinta, la fisica gli alberi e l’etica i frutti. Più tardi Panezio di Rodi, nel II secolo a.e.v introdurrà lo stoicismo a Roma, che si differenzia dal precedente per il suo carattere eclettico, in quanto influenzato sia dal platonismo che dall’aristotelismo e dall’epicureismo.

Infine abbiamo il cosiddetto Stoicismo nuovo o romano, che abbandona la tendenza eclettica cercando un parziale ritorno alle origini. Tra gli esponenti di maggior spicco ci sono Seneca, Epitteto e Marc’Aurelio: rispettivamente un ministro ed intellettuale, uno schiavo ed un imperatore.

Seneca era uno spagnolo il cui padre, un uomo molto colto, viveva a Roma. Intraprese la carriera politica con un discreto successo finché non fu esiliato per essere entrato in contrasto con la moglie dell’imperatore Claudio, Messalina. Sarà poi Agrippina la seconda moglie di Claudio a consentirgli il ritorno a Roma. La sua adesione allo stoicismo non impedì a Seneca di arricchirsi in modo smisurato, facendo prestiti con tassi altissimi in Britannia. Si stima che la sua fortuna al momento della morte ammontasse a circa 300 milioni di sesterzi, qualcosa come una ventina di milioni di euro di oggi. Accusato di cospirazione ai danni di Nerone gli fu imposto di suicidarsi nel 65mo anno dell’era volgare.

Epitteto nato intorno al 50 dopo Cristo in gioventù era uno schiavo, zoppo, probabilmente per le percosse ricevute, divenne poi una specie di factotum del suo padrone, prima di trasferirsi a Roma dove però fu costretto, insieme a tutti i filosofi dell’epoca, all’esilio dall’imperatore Domiziano che detestava tutti gli intellettuali.

Infine lo stoico di cui abbiamo le più numerose memorie è certamente Marc’Aurelio, imperatore di Roma successore di Antonino Pio, nel 161 e.v. Da imperatore si convertì alla virtù stoica, di cui probabilmente aveva un gran bisogno visto che il suo regno fu funestato da terremoti, pestilenze, insurrezioni e guerre.

E’ straordinario come il pensiero filosofico dell’imperatore Marc’Aurelio e dello schiavo Epitteto fosse praticamente identico. Con la nuova scuola romana dello stoicismo anche se si compie un parziale ritorno alle origini della dottrina si mantengono delle notevoli tendenze al cosmopolitismo e al filantropismo. Cicerone parla di humanitas, sentimento di benevolenza e solidarietà disinteressata verso i suoi simili. Epitteto affermerà di sentire tutti gli uomini come suoi fratelli, essendo al pari di lui ugualmente figli dello stesso Lògos, opinione incredibilmente condivisa, almeno intellettualmente, anche da Marc’Aurelio.

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