Se chiedete ad un fisico sperimentale di condensare in una sola parola l’essenza della fisica, inevitabilmente vi risponderà: misura. In definitiva per questi scienziati chiamati spesso a comprovare teorie ed ipotesi sulla natura dell’universo e delle sue leggi fondamentali, tutto si riduce alle misurazioni con le loro relative incertezze.
Per questo la maggior parte dei fisici sperimentali nutre serissimi dubbi sulle teorie che non hanno potere predittivo o non sono state ancora confortate da misurazioni validanti come nel caso della teoria delle superstringhe.
Misurare però significa confrontarsi con un livello di tolleranza sull’esattezza del risultato che non deve mai essere trascurato e, può sembrare paradossale, mettersi d’accordo sull’unità di misura da adottare.
Emblematico in questo senso fu il disastroso destino della sonda Mars Climate Observer lanciata l’11 dicembre 1998 da Cape Canaveral con l’obiettivo di studiare la meteorologia, il clima e le quantità di acqua e di anidride carbonica (CO2) del pianeta Marte. Lo scopo era di comprendere le riserve, il comportamento e il ruolo atmosferico delle sostanze volatili e cercare le prove di cambiamenti climatici a lungo termine.
La sonda raggiunse il punto in cui si sarebbe dovuta inserire in orbita, a circa 140-150 km dalla superficie marziana il 23 settembre 1999, invece affondò a circa 50 km da Marte, venendo distrutta dagli stress provocati dall’attrito. Centoventicinque milioni di dollari andati in fumo. Il motivo di questo clamoroso insuccesso dipendeva dal fatto che un team di ingegneri aveva usato per i calcoli il sistema metrico decimale ed un altro team il sistema metrico anglosassone. La sonda non aveva un software in grado di convertire i due sistemi fra loro e….buuuummm!
Quando misuriamo dobbiamo tenere conto di molti fattori, famosa è una delle lezioni di Walter Lewin, forse il più brillante docente di fisica dai tempi di Richard Feynman, che dimostrò agli studenti del suo corso come quando siamo sdraiati siamo più lunghi di quando stiamo in posizione eretta.
Lewin, invitò uno dei suoi studenti ad offrirsi come volontario per questa piccola dimostrazione. e lo misurò in piedi, 182,5 cm con una tolleranza dello 0,1 in più o in meno.
Quindi lo invitò a sdraiarsi sulla cattedra, di fronte a circa 400 studenti rapiti, e procedette a misurarlo. Stavolta il risultato era che il ragazzo era alto 185 cm, con una tolleranza in più o in meno di 0,2 cm.
La responsabilità di questo effetto fisarmonica è la forza di gravità che quando siamo in piedi comprime i tessuti molli tra le vertebre della nostra spina dorsale tirandoci verso il basso.
Se ne accorsero a loro spese gli astronauti delle prime missioni spaziali che si lamentavano del fatto che le loro tute nello spazio sembravano decisamente più strette. Gli studi compiuti dalla NASA su sei astronauti della missione Skylab dimostrarono che nello spazio tutti e sei avevano avuto un aumento dell’altezza di circa il 3%.
Ecco perché da allora le tute degli astronauti sono progettate sulla terra un po’ più grandi del necessario.
Non c’è esperimento senza teoria. La misura, anche se affetta da errori casuali e sistematici, ci dice quanto sia affidabile la conferma dell’ipotesi teorica. Se rappresentiamo con la meccanica delle matrici una certa grandezza fisica, i possibili valori della misura della grandezza in questione sono gli autovalori delle matrici . Fin qui è elementare. La questione aperta è: tutte le osservabili sono misurabili? E tutto ciò che è misurabile, rimanda a una osservabile? Certo, la misura costringe l’oggetto esaminato in un autostato della grandezza-matrice che usiamo…