sabato, Luglio 27

Alla ricerca delle galassie primordiali

Un recente progetto chiamato Reionization Lensing Cluster Survey (RELICS) è andato a caccia delle galassie primeve, quelle che si sono formate pochi centinaia di milioni di anni la nascita dell’Universo. Intorno a 380.000 anni dall’origine dello spazio-tempo le temperature dell’universo in espansione si sono abbassate a sufficienza da consentire la formazione dei primi atomi. Ma i successivi 400 milioni di anni sono ad oggi un mistero per gli astronomi. Una delle ipotesi in campo è quella della reionizzazione.

Nella teoria cosmologica del Big Bang, la reionizzazione è intesa come il momento nel quale l’enorme massa di idrogeno neutro, che permeava l’universo primordiale nei suoi primi milioni di anni di vita, svanisce permettendo quindi alla luce di filtrare attraverso questa “nebbia” e che quindi ci permette di osservare i corpi celesti. Dato che la maggior parte della materia barionica è in forma di idrogeno, la reionizzazione è generalmente riferita alla reionizzazione dell’idrogeno gassoso. L’elio primordiale nell’universo sperimentò la stessa fase, ma in un momento diverso della storia, di solito riferito come reionizzazione dell’elio.

Il progetto RELICS usando il principio delle lenti gravitazionali ovvero della distorsione che la luce subisce quando incontra nel suo percorso massicci oggetti cosmici ha scoperto la galassia più vecchia fino ad ora conosciuta.
La luce proveniente dalla galassia SPT0615-JD ha compiuto un viaggio lungo 13,3 miliardi di anni e l’anno scorso, nel 2017, è stata catturata dalle lenti dei telescopi spaziali Hubble e Spitzer. Questo porta alla considerazione che questa galassia si sia formata meno di 500 milioni di anni dopo la nascita dello spaziotempo.

RELICS però non si è limitato a scoprire SPT0615-JD ma ha individuato circa altre 300 galassie primeve tutte nate nel primo miliardo di anni di vita dell’universo. Nel 2015 Relics è stato approvato come uno dei più importanti progetti a bordo del ventitreesimo programma scientifico di Hubble. Sia con la sua fotocamera a infrarossi (Wide field camera 3 infrared channel) sia con quella a luce visibile (Advanced camera for surveys) il telescopio ha catturato 41 ammassi di luce, che sono stati poi suddivisi nei loro colori costituenti ciascuno a una diversa lunghezza d’onda (da 0,4 a 1,7 micron, 7 lunghezze d’onda in tutto).

Il prossimo obiettivo è correlato al lancio del nuovo telescopio spaziale James Webb che salvo ulteriori slittamenti dovrebbe essere lanciato in orbita nel 2021. Questo potentissimo telescopio dovrebbe permetterci di individuare galassie nate nei primi 200 milioni di anni di vita dell’universo.

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