sabato, Luglio 27

Caccia agli esopianeti

Fino a circa un secolo fa la comunità  scientifica era tutt’altro  che certa che  l’universo fosse  popolato da un numero considerevoli di pianeti, anzi molti ritenevano che il  Sistema  Solare rappresentasse  se non un’eccezione, una rarità assoluta.

In  parte queste speculazioni dipendevano dalla difficoltà di osservare e rilevare i pianeti come  si fa con le stelle  e le  galassie.  I pianeti  sono immensamente meno brillanti delle  stelle, quel po’ di radiazione  elettromagnetica  che emettono, nella  banda degli infrarossi,  è dovuta al fatto che sono comunque oggetti  più caldi dello spazio che  li circonda. Troppo  poco per poter  osservare  direttamente quelli  che sono fuori dal Sistema  Solare e che tecnicamente sono chiamati esopianeti.

La caccia agli esopianeti pertanto è partita osservando le stelle attraverso due metodi fondamentali. Il  primo si ricava dalla misurazione dell’orbita  della stella  intorno al baricentro del suo sistema. Nel caso del  Sistema Solare questo baricentro cade appena  fuori la superficie del nostro astro. Il  sole non occupa una posizione stabile, ma ondeggia un po’ intorno a questo baricentro per effetto della presenza dei pianeti che compongono il Sistema Solare. Queste lievi e periodiche oscillazioni per un osservatore lontano rappresentano l’evidenza  della presenza di corpi celesti dotati di una significativa  massa, in altre parole  pianeti.

Per misurare  l’entità dello spostamento della  stella in questione facciamo affidamento sull‘effetto Doppler: la luce di un oggetto che ci viene incontro aumenta di frequenza  ed appare di colore blu, mentre la luce di una stella che si allontana diminuisce di frequenza ed il colore vira sul rosso. E grazie allo spettrografo siamo in grado di misurare i movimenti della stella influenzati dalle forze gravitazionali dei pianeti che gli orbitano attorno.

L’altro  metodo  è quello detto del transito. Quando    un pianeta passa  davanti ad una stella questo provoca una lieve diminuzione dell’intensità della luce emessa. Studiandone accuratamente  la  periodicità  anche per evitare  i falsi  positivi si sono con questo metodica individuati un bel numero di esopianeti.

Entrambi questi metodi permettono di misurare il periodo orbitale e la distanza  dell’esopianeta  individuato, inoltre utilizzando la tecnica dell’effetto Doppler, detta anche della velocità radiale,  otterremo una stima  della massa, mentre con la tecnica del  transito possiamo acquisire informazioni sul raggio del pianeta oggetto di investigazioni.

Per molti decenni pur conoscendo teoricamente  le opportunità  di questi due metodi, l’inadeguatezza tecnologica ha impedito ad astronomi  e fisici di intraprendere  una vera caccia agli esopianeti.

Il primo pianeta fuori dal nostro Sistema Solare  fu scoperto nel 1995 intorno alla stella 51 Pegasi.  Noto anche come Bellerophon  o Bellerofonte, e successivamente rinominato Dimidium,   il  pianeta era più vicino alla propria stella di quanto lo sia Mercurio con il  Sole.

La scoperta del pianeta fu annunciata il 6 ottobre del 1995 da Michel Mayor e Didier Queloz sulla rivista Nature. La scoperta avvenne all’Observatoire de Haute-Provence, in Francia, grazie al metodo della velocità radiale.

Da allora non è quasi passato giorno senza che si scoprisse un nuovo pianeta, a marzo di quest’anno, quelli confermati ufficialmente erano 3764 mentre qualche altro centinaio sono ancora  in attesa di definitiva  conferma. 

La stragrande maggioranza  di questi esopianeti è stata scoperta  dalla missione Kepler,  una missione spaziale della NASA parte del programma Discovery, il cui scopo è la ricerca e conferma di pianeti simili alla Terra in orbita attorno a stelle diverse dal Sole, tramite l’utilizzo del telescopio spaziale Kepler.  Il veicolo spaziale, chiamato in onore dell’astronomo tedesco del diciassettesimo secolo Johannes Kepler, è stato lanciato con successo il 7 marzo 2009. 

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